![banner_sito_3000_per_500.png](/images/banner_sito_3000_per_500.png)
Editore Associazione Culturale Mp3. P.IVA 01187270770
Registrato presso il Tribunale di Matera n. 4/2009
Direttore Responsabile Roberto D'Alessandro. Webmaster Vittorio Ricchiuto
+(39) 328 447 4326
redazione@pisticci.com
Le foibe? Fino alla penosa querelle che esplose sulla stampa in occasione del trentesimo della Liberazione (1975), fino a quel momento, gli italiani ne sapevano poco o nulla. L’argomento era tabù, o come si dice oggi, non politicamente corretto. Delle foibe non si parlava neppure sui libri di scuola. Il ricordo delle vittime veniva coltivato solo in ambienti ristretti e della diaspora giuliana per opera dell’Associazione Caduti senza Croce. Anche le cerimonie commemorative religiose erano confinate e promosse solo dall’eroico vescovo di Trieste Antonio Santin che nei duri anni della guerra aveva affrontato con identica determinazione sia i tedeschi, sia i fascisti, sia i comunisti. Che l’argomento foibe era un argomento scabroso lo dimostra anche la maniera contorta con cui si giunse il 12 giugno 1982, trentasettesimo anniversario della liberazione di Trieste dagli jugoslavi, quando quel giorno un decreto del ministero dei Beni Ambientali, allora retto da Giovanni Spadolini, dichiarava le foibe di Basovizza e Monrupino non ‘monumento nazionale’ ma ‘monumento di interesse nazionale’ con la seguente ambigua motivazione: ‘testimonianza di tragiche vicende accadute alla fine del secondo conflitto mondiale; fosse comuni di un rilevante numero di civili e militari italiani, uccisi e ivi fatti precipitare’. Alla cerimonia presso la foiba di Basovizza poi un’improrogabile impegno trattenne il ministro a Roma e fu sostituito dal sottosegretario al ministero dell’industria Rebecchini. Lo stesso presidente Sandro Pertini, l’anno prima in visita ufficiale a Trieste, rese gli onori alla risiera di San Saba ma si era dimenticato di Basovizza...e senza nessun messaggio dal Quirinale o da Palazzo Chigi a commento o a giustificazione.
Criticato fu anche il rigoroso silenzio del modesto rappresentante di governo inviato mentre venne apertamente contestato il discorso dell’oratore ufficiale on. le Paolo Barbi, il quale come scrissero i giornali nazionali, aveva colpevolmente accomunato le migliaia di vittime delle foibe con i martiri delle Fosse Ardeatine, dimenticando che il responsabile di quest’ultimo crimine (colonnello SS Herbert Kappler) aveva scontato la pena dell’ergastolo mentre i responsabili degli infoibamenti furono stati insigniti di onorificenze al merito della Repubblica italiana. La polemica si riaccese quando la giustizia italiana ottenne l’estradizione del capitano SS Erich Priebke collaboratore di Kappler. Invano gli esuli giuliani chiesero un analogo trattamento per i Priebke slavi, ossia il boia di Pisino Ivan Motika, il croato Oskar Piskulic ed i tanti altri infoibatori ancora in vita contro i quali era stata avviata una analoga ma molto tardiva azione giudiziaria.
Due pesi due misure? Certamente si. Come si è detto sulle foibe si è quasi sempre taciuto con accenni ambigui ed imprecisi anche e soprattutto sui libri di scuola. Fino a fine anni ’90 nelle nostre enciclopedie nazionali se andavate alla voce foibe trovavate scritto solo ‘Varietà di doline presenti in Istria’, solo nelle edizioni post 1998 in poi è stato aggiunto quanto segue: ‘ tra il 1943 ed il 1945 furono teatro di massacri di italiani (da 5000 a 10000) da parte delle truppe partigiane del Maresciallo Tito’.
Eppure è stata storia contemporanea insieme ad altre rovine ed altri massacri di cui si ricorda giustamente ogni dettaglio: si celebrano le vittime e si condannano i carnefici. Su quanto accaduto tra il 1943 ed il 1947, tra il 1953 ed il 1955 in quelle regioni un tempo italiane ( la Venezia Giulia, Istria e Dalmazia) grava invece mezzo secolo di fragoroso silenzio a cui si è cercato solo da poco di porre rimedio per entrare nella memoria.
Un popolo intero sradicato dalla sua terra quello giuliano!
Il controesodo, pur nella sua cupa tragicità, non rappresenta che un rivolo controcorrente nella marea di italiani che la paura del comunismo di Tito, ma anche e soprattutto ‘la pulizia etnica’, spingevano in senso inverso. Se l’esodo di Pola impressionò più degli altri per la sua compattezza, già 150000 giuliani avevano cercato rifugio in patria e molti altri seguiranno questi italiani fino al raggiungimento di 350000 unità circa. In quelle terre strappate all’Italia restavano soltanto le tombe di migliaia di compatrioti sprofondati nelle foibe da una pianificata pulizia etnica che per ben cinquanta anni storici e politici si sono ostinanti a non vedere mentre la Democrazia Cristiana esitava, i teorici della sinistra ipotizzavano una società senza classi sociali e senza confini e chi difendeva quella parte di popolo italiano veniva osservato come afflitto da rigurgiti per il regime che aveva appena imperversato in Italia.
In questo periodo eccezionale per i radicali mutamenti storici che ci assalgono cominciamo a rileggere la storia, la storia degli italiani, non dei vinti e non dei vincitori, ma puramente e semplicemente la verità storica scevra da ogni interpretazione ideologica e puntuale nel documentare l’atroce verità di un genocidio: ci servirà per essere italiani proiettati verso il futuro!
Avv. L.G. Caruso