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Le vivaci e colorite manifestazioni degli studenti delle scuole superiori, sostenute anche da molti docenti, ma da pochi dirigenti, denunciano il fallimento e i danni provocati dalla didattica a distanza, alla scuola in generale e in particolare ai giovani e alle famiglie;
molti giovani si sentono frustrati, privati di spazi fisici e del diritto alla socializzazione oltre che a quello alla partecipazione diretta e attiva della gestione della scuola; le fasce più deboli sentono l’aggravarsi del peso dell’esclusione e dell’emarginazione con grave rischio dell’abbandono; il 60% degli studenti con giudizio positivo, negli anni scorsi dimostra scarso interesse e partecipazione alla didattica a distanza e conseguentemente la classe tende ad appiattirsi e ad omologarsi su comportamenti e impegno a ribasso. È una drammatica realtà che nessuno di noi può ignorare per la quale sia nel passato recente che nel presente poco si è fatto e poco si fa. L’idea e il progetto di una scuola inclusiva, moderna, tesa a valorizzare le risorse umane e contribuire ad offrire alle nuove generazioni certezze e speranze, sembra che si stiano di fatto trasformando in un preoccupante processo di decadimento culturale e morale ingiustificato ed ingiustificabile per nessuna ragione al mondo: nemmeno in uno stato di emergenza da Covid-19 (pandemia) o in uno stato di guerra, che entrambi lasciano sul terreno morti, distruzione e disorientamento.
Tutto ciò è stato compreso dai giovani, e dispiace dirlo, solo in parte dalla società e da chi è chiamato e pagato a governare, gestire e a dirigere la scuola in generale e in particolare le superiori. Anche la nostra regione Basilicata con una popolazione complessiva che supera i 550mila abitanti e con una popolazione studentesca delle scuole superiori di II grado di meno di 30mila unità si pone al di sotto della media gestionale in termini qualitativi delle politiche scolastiche. Anche la nostra regione purtroppo non ha sposato la linea della tendenza a riprendere la didattica in presenza per i 132 plessi scolastici delle superiori, ma continua pervicacemente e rigidamente sulla dannosa via della didattica a distanza. Partiamo da alcune affermazioni e da alcuni dati: si dice che la scuola è in sicurezza ovvero i giovani all’interno e il personale docente non correrebbero alcun rischio di contagio e quindi non potrebbero contagiare, l’affermazione risponderebbe a verità; si dice pure che la didattica a distanza è giustificata per evitare rischi di contagio dall’esterno verso l’interno della scuola a causa della inadeguatezza dei trasporti.
Alcuni dati anzi ci segnalano che il 60% della popolazione studentesca frequentante le superiori risiede a poca distanza dai plessi scolastici e per raggiungerli impiega tempi medi di percorrenza non superiori ai 15 minuti; valore che diminuisce se la percorrenza avviene con mezzi propri. Il 20% ha tempi di percorrenza che non vanno oltre 1 ora; e soltanto il 10% poco più di 1 ora; il restante 10% raggiunge i plessi a piedi. Questi pochi dati ci segnalano come le scelte fatte da chi è chiamato a governare, gestire e dirigere la scuola sono del tutto irragionevoli, ingiustificate e dannose. Le città di Potenza, Matera, Pisticci, Rionero, Policoro, Bernalda, ecc. non sono la metropoli di Milano, né Roma, né Napoli, né Palermo, né altro, sono piccole realtà dove la gestione della scuola può avvenire attraverso la riorganizzazione dei singoli plessi con il contributo della Regione, Provincia, sindaci, dirigenti e organi collegiali della scuola; gli editti, le ordinanze, le circolari, relative al governo della scuola se non emanate con giudizio servono poco a ridare la giusta funzione educativa e formativa ad ogni scuola. Per cui si auspica che il “governatore generale” ritiri quanto prima l’ordinanza n.2 del 9 gennaio 2021 e ne predisponga un’altra in tempi stretti per il ritorno a scuola degli studenti ripartendo con la didattica in presenza e con un piano generale mirato al recupero del tempo perduto soprattutto a favore degli Istituti tecnici e professionali, laddove si registrano le maggiori difficoltà nell’esercizio dell’insegnamento e dell’apprendimento.
Prof. Francesco Malvasi - ITAA “G. Cerabona” - Marconia (MT)