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La nostra letteratura, vuole analizzare uno dei più interessanti libri dello storico pisticcese il Prof. Giuseppe Coniglio, titolato “Briganti pisticcesi”. Il lavoro, in bella veste tipografica, edito dalla Setac in Europa di Michele Sisto, aggiunge un ulteriore tassello alla grande opera di composizione della storia della terra della nostra città, con le sue piccole e grandi vicende umane, sociali, politiche, culturali.
L’opera, di 130 pagine, è un’accurata ricostruzione delle gesta dei tanti cittadini pisticcesi, non solo uomini, ma anche donne, che decisero per scelta, per necessità, e perché no, per orgoglio, di abbracciare la vita fuorilegge del brigante, con tutti i rischi che questa comportava, ma anche con quel desiderio di riscatto sociale ed economico che spinse molta gente del popolo meridionale a darsi, appunto, al brigantaggio.
Emblematica, in questo senso, la massima scelta da Giuseppe Coniglio ad apertura del libro, nella quale lo storico De Saint-Jorioz ricorda come “in nessun paese del mondo, è tanto povero ed infelice quanto in queste contrade del Mezzogiorno. Egli è macilento, lacero, sudicio, sfinito, triste e muto. Il suo sguardo torvo vi dice i suoi rancori contro i suoi oppressori. La sua apparente umiltà e la paura che addimostra in presenza di un qualunque a lui superiore per condizione ed abito vi dicono lo stato di avvilimento e di demoralizzazione nel quale è caduto”.
Il volume di Coniglio, come al solito chiaro, semplice ed esaustivo nel suo dipanarsi, racconta la storia dei contadini e popolani pisticcesi (per nascita o vicende) che, spesso guidati proprio dal ripudio di questa amara e talvolta disperata condizione, scelsero la strada del brigantaggio. Dai notissimi Marco Nicola Abalsamo Pagnotta e Marco Scerra, quello che fu definito, non a caso, il Robin Hood della Lucania, a Giuseppe Caruso e al brigante Gasperone, dalle brigantesse Maria La Pastora, Teresa Ciminelli e Filomena Pennacchio al capitolo sulla cosiddetta Setta del Sangue di Cristo riguardante il fenomeno dei preti briganti (a Pisticci ce ne fu uno, Don Pasquale Pagnotta, fratello del più noto brigante Nicola).
Coniglio, quasi in chiusura del suo lavoro, tra i briganti pisticcesi, anche se, come spiega lo stesso autore “esula dal fenomeno del brigantaggio vero e proprio, perchè fu brigante, bandito, criminale e delinquente comune nello stesso tempo”, include anche Domenico Groppo, il calabrese artefice e protagonista di episodi criminosi, prima nelle campagne della Calabria e poi nella mostra regione e soprattutto famoso per la strage della “Masseria Spirito” nelle campagne della zona Codola tra i territori di Pisticci e Ferrandina, nel 1926.
Un capitolo a parte del libro, quello della inchiesta sul brigantaggio, del deputato dell’epoca Giuseppe Massaro sul brigantaggio, con tutto il dibattito che ne seguì. Il tutto in tredici agili capitoli da leggere con attenzione e piacere, per un’opera che rappresenta il sesto volume della meritevole collana dei Quaderni di storia cittadina.
Michele Selvaggi