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La salita che conduce in rione Terravecchia è stata teatro di sanguinosi fatti il mercoledi del 21 aprile 1920, 104 anni fa. In questa foto d’epoca ancora si intravedono sul muretto i fori dei proiettili che provocarono la morte di due persone, affacciate allo stesso.
Nel corso di alcune manifestazioni di protesta contro l’aumento del prezzo del grano, il carovita e la disoccupazione, rimasero uccisi il contadino Vincenzo Glinni e il 40enne Carlo Scazzarriello, fu Pietro, fervente e convinto capo dei nazionalisti e rivale del sindaco repubblicano Alessandro Bruni che aveva ordinato alcuni anni prima, per motivi pretestuosi la chiusura della sua beccheria, (visibile in foto), nonostante il parere contrario della sottoprefettura. Secondo Mimmo Franzinelli (Squadristi, Le Scie Mondadori, 2003) la morte avvenne durante uno sciopero organizzato in piazza Plebiscito, colpito da un colpo d’arma da fuoco.
Nel Corriere Milanese del 23 aprile si leggeva che: “A Pisticci vari lavoratori, venuti a conoscenza che la Polizia aveva proceduto all’arresto di coloro che avevano minacciare i non aderenti ad uno sciopero, si diressero alla caserma, chiedendone il rilascio. Nel corso di una sassaiola, furono feriti il regio commissario Albano, il ten. dei carabinieri e cinque militari. E persero la vita due persone e ferite altre tredici”. Il Mattino di Napoli aggiungeva che “...mentre i vicecommissari di P. S. Sante e Svolti e il tenente dei carabinieri tentavano di ridurre alla calma i dimostranti è sopraggiunta una colonna di 500 individui che ha cominciato ad inveire contro la forza pubblica…”. Il fascismo inserì poi Scazzarriello nel martirologio ufficiale del Pnf. "Il 22.4.1920, Scazzariello Carlo Rocco, odiato per le sue idee nazionaliste, venne assalito da alcuni antifascisti e colpito alla testa. Morì all'istante, lasciando moglie e cinque figli". E quindi gli venne dedicata una via che si chiamò Salita Scazzarriello.
L’eccidio di Pisticci fu poi oggetto di interpellanza parlamentare. Corradini, sottosegretario di Stato per l'interno, evidenziò che a Pisticci c'erano gravi preoccupazioni per la siccità, lavoro, alimentazione, trasferimento e aumento di cereali e grano, nonostante l’abolizione della tassa sul macinato di Agostino Depretis. La popolazione, istigata dal Bruni, impedì che un vagone di grano partisse dalla stazione per altre località. Per questo si chiedeva l’allontanamento del commissario Albano, aumento della razione mensile della farina, miglioramenti economici agli operai e istituzione di squadre di vigilanza. Alcuni promotori degli scioperi furono arrestati e condotti in carcere ma la folla reclamava la loro liberazione, credendo che essi fossero ancora nel comune e una massa di circa 200 persone investì la forza pubblica, mentre da un muro vicino anche le donne tiravano sassi.
Si determinò un conflitto violento, per cui la forza fece uso delle armi. Poi l’on. Pagella aggiunse che “a Pisticci esisteva un vivo fermento contro il commissario Albano, che nel 1919 fu allontanato. Ma in seguito a pressioni dei signorotti locali, fu fatto ritornare a Pisticci. dove aveva ridotto la razione del grano da 15 a 7 chilogrammi e mezzo al mese. Di qui l'agitazione intrapresa dalla popolazione. La mattina del 21 aprile un gruppo di donne, si recarono in piazza Plebiscito reclamando il rilascio di alcuni lavoratori arbitrariamente arrestati mentre il commissario Albano e la cricca locale intendevano vendicarsi di essi che nelle elezioni del 16 novembre non avevano votato nè per la lista di Nitti, nè per quella cosiddetta di opposizione. Pisticci era infatti uno dei pochi paesi che aveva resistito a tutte le pressioni dando la maggioranza dei voti alla lista socialista.
È soltanto per questo che si era voluto trarre vendetta contro Pisticci, soffocando nel sangue il suo nobile proletariato
In foto: piazza Plebiscito 1923 e Carlo Rocco Scazzarriello
Giuseppe Coniglio