A distanza di ben 5 anni dal sopralluogo effettuato alla discarica La Recisa (12 Gennaio 2016) che ha portato alla Revoca (Illegittima) dell’Aia, viene fuori la prima sentenza di archiviazione emessa in data 10 Novembre 2020 e acquisita in data 18 Gennaio 2021, a seguito delle astratte ipotesi di reato ipotizzate nei confronti della Ditta Teknoservice, di dirigenti del Settore Ambiente, e della defunta segretaria Comunale.
Breve Cronistoria
Con la notifica dell’avviso della conclusione delle indagini preliminari, del Febbraio 2020, la Ditta Teknoservice, i dirigenti Ufficio Ambiente, e la defunta segretaria comunale, venivano a conoscenza che a loro carico si era indagato per reati in materia ambientale, in quanto si leggeva nell’accusa: non provvedevano alla bonifica dell’area interessata dalla predetta discarica La Recisa in conformità al progetto approvato dall’Autorità competente nell’ambito del procedimento di cui all’art. 242 e ss. del decreto L.vo n. 152/2006, così cagionando l’inquinamento del suolo e delle acque accertato analiticamente dall’ARPAB di Basilicata,………ecc. ecc.
A seguito di tale ASSURDA IPOTESI, caratterizzata da CONTINUI e banali errori, sia nell’interpretazione della legislazione vigente sia nella descrizione dei fatti, immediatamente, attraverso i propri legali, venivano presentate, dai dirigenti del Comune, delle memorie difensive, con specifica richiesta, di essere sentiti DIRETTAMENTE dal sostituto procuratore titolare dell’indagine.
Tale richiesta specifica veniva accolta, ed in data 18 maggio 2020, per il sottoscritto, e data successiva per l’altro dirigente, venivano ascoltati.
Nelle memorie difensive con tutta la documentazione allegata (circa 95 allegati in triplice copia più 10 allegati in fase di interrogatorio) venivano evidenziate, in estrema sintesi:
- I procedimenti di cui all’art. 242 D.Lvo 152/2006, CONTRARIAMENTE a quanto veniva riportato nei verbali di accertamento, erano due, di cui uno conseguente al sopralluogo del 12.01.2016, effettuato dai NOE e ARPAB, il giorno dopo la chiusura, con ordinanza, della discarica portata al collasso dal conferimento ANOMALO (circa 200 t/g invece di 20-30 t/g progettate ed autorizzate) di rifiuti da parte di tutti i Comuni della Provincia di Matera, attraverso ordinanze provinciali, regionali e leggi regionali illegittime (L.R. impugnate e dichiarate illegittime dal Consiglio dei Ministri per con violazione dell’art. 117 1° e 2° c. lett.s) Costituzione e violazione dell’art. 136 Costituzione), e ad oggi non ancora completato per le continue prescrizioni dell’Arpab e conseguenziali necessarie varianti al piano di caratterizzazione presentato in data 30/6/2016 effettuate dal gestore (TEKNOSERVICE) e, l’altro, conseguente al sopralluogo dei Carabinieri forestali del 09.11.2018.
- Relativamente al primo procedimento, non era stata ancora determinata la Concentrazione della Soglia di Rischio degli inquinanti che, nel caso di superamento, presupponeva il progetto di bonifica da realizzarsi a cura e spese del gestore della discarica (TEKNOSERVICE), cui si fa riferimento nel capo di imputazione.
- L’affermazione che si legge nei verbali, quando si parla di bonifica dell’area come da “progetto approvato dall’autorità competente nell’ambito del procedimento di cui all’art. 242 D.L.vo 152/2006” è completamente destituita di fondamento fattuale, in quanto, non esiste alcun “progetto approvato dall’autorità competente nell’ambito del procedimento di cui all’art. 242 D.L.vo 152/2006”.
- Esisteva, invece, il piano di caratterizzazione, presentato da TEKNOSERVICE in data 30 Giugno 2016, approvato nella conferenza di servizi dell’11.10.2016, che prevedeva una serie di adempimenti, già in corso di realizzazione, ma oggetto di continui aggiornamenti conseguenti alle nuove prescrizioni da parte dell’ARPAB, determinando il prolungarsi dell’iter previsto dall’art. 242 D.L.vo 152/2006 ch,e alla data del 31.12.2017, era ancora in corso.
- Relativamente all’attività dell’Arpab sui rilievi effettuati in data 12.1.2016, venivano opportunamente ed immediatamente contestati, alla stessa Arpab, sia da parte del gestore della Discarica che da parte dell’Amm.ne C.le, nelle competenti sedi istituzionali (Vedi Verbale Seduta Osservatorio Regionale dei Rifiuti del 19/4/2016), in quanto:
- CAMPIONAMENTO ESEGUITO IN DIFFORMITA’ DELLE NORME DI LEGGE (Senza Spurgo);
- Successivi campionamenti da parte di Teknoservice, in contraddittorio con l’Arpab, il cui risultato ha portato ad una conclusione in senso contrario al primo accertamento espletato, molto probabilmente, senza adottare le corrette norme tecniche.
- ANALISI ESEGUITE DA LABORATORIO ARPAB NON ACCREDITATO ai sensi delle norme UNI EN ISO CEI/IEC 17025. In Italia l’unico Ente di accreditamento così come richiesto dal Regolamento europeo 765/2008 e designato dal Governo è ACCREDIA. (L’accreditamento è l’attestazione, da parte di un Ente che agisce quale garante super partes, della competenza, indipendenza e imparzialità degli organismi di certificazione, ispezione e verifica, e dei laboratori di prova e taratura. L’Arpa Basilicata, unica Agenzia in Italia, insieme alla Sicilia, NON RISULTA ACCREDITATA presso ACCREDIA, così come confermato da un Dirigente dell’Arpa Basilicata nel processo N. 418/2016 R.G. nell’udienza del 7/2/2020 (Ad oggi le udienze per tale Processo sono già 10)
- Nessuna delle Prove di cui ai rapporti di Prova sia per le Acque sotterranee, sia per le acque reflue, acque reflue industriali, acque di scarico, ecc. ecc. risulta ACCREDITATA con la definizione del Campo di Prova, la Tecnica di prova, il metodo di prova, in conformità della Norma UNI EN ISO CEI/IEC 17025;
- Tutti i rapporti di Prova, dal quale è iniziato il PRESUNTO INQUINAMENTO, che ha sostanzialmente portato alla REVOCA DELL’AIA, alle denunce alla Procura, al Processo per inquinamento, non solo per il Gestore della Discarica, ma, inspiegabilmente, anche per Sindaco e Dirigente ( N. 418/2016 R.G) sono stati ILLEGITTIMAMENTE FIRMATI DA PERSONALE ARPAB INCOMPETENTE (Corte di Cassazione III sezione 7 luglio 1999 n. 7023) ed in netto contrasto anche con il Parere del Consiglio Nazionale Ingegneri n. del 5/8/2011, anche questa circostanza evidenziata e stigmatizzata nel Processo N. 418/2016, nell’udienza del 7/2/2020 (ad oggi n.10 udienze ed iniziato nel 2018), subito dopo il pensionamento del sottoscritto;
- In linea generale, il ritardo, tra l’altro, nel completamento dell’iter di cui all’ art.242 del D.lvo n. 152/2006, almeno fino alla data del 31.12.2017, era addebitabile solo e soltanto all’inopportuno comportamento dell’ARPAB che, non prendendo mai una definitiva posizione sulle prescrizioni da comminare durante le C.d.S., ha generato un ritardo nell’esecuzione dei lavori che, per come iniziati in data 08.05.2017 sarebbero stati conclusi entro il 23.07.2017 ed invece, ancora oggi, si assiste al balletto delle Conferenze di Servizio e le continue prescrizioni Arpab, lo si ripete ancora una volta, in dispregio delle norme più elementari delle stesse Conferenze di Servizi che presuppone la richiesta di integrazioni e prescrizioni UNA SOLA VOLTA; e non decine di volte e dipendente, essenzialmente, dal funzionario o dal dirigente Arpab partecipante alla C.d.S.;
Ad integrazione di tutto ciò, nell’interrogatorio del 18/5/2020 veniva esplicitato:
- Il diagramma di flusso dell’iter procedurale di cui all’art. 242 del D.lvo n. 152/2006 così come per legge, dal quale veniva rilevato che l’iter è stato iniziato e non ancora concluso. Inoltre veniva esplicitato il diagramma di flusso dell’attività svolta dal dall’Amm.ne e dai dirigenti, e dal quale veniva evidenziato che tutto ciò che andava fatto, era stato fatto secondo legge, mentre l’iter procedurale, per addivenire ad individuare eventuale inquinamento, era nella fase iniziale di realizzazione del Piano di caratterizzazione, fondamentale per l’analisi del rischio ambientale ed eventuale successiva necessità di bonifica, affermando con certezza che allo stato dei fatti, ed all’epoca dei fatti, non è ancora accertato se il sito in questione è inquinato oppure no.
Alla luce di questa analisi dettagliata, pur nella sintesi, il Pubblico Ministero, nell’evidenziare la INFONDATEZZA della notizia di reato astrattamente ipotizzata, nel CONDIVIDERE tutti i chiarimenti forniti dal dirigenti dell’ufficio Ambiente nel corso dell’interrogatorio, e dall’esame della documentazione amm.va e tecnica prodotta, ivi comprese le Relazioni specialistiche in materia, da parte di esperti consulenti, che portava, oltre alla inesistenza di un progetto di bonifica da parte dell’Autorità Competente, oltre ad una serie di inesattezze nell’interpretazione dell’iter procedimentale nonché di alcuni ERRORI NELLA METODOLOGIA E NELLA VALUTAZIONE DI PARAMETRI ANALITICI, che sarebbero stati commessi dagli organi accertatori (leggi Arpab) nelle verifiche tecnico analitiche eseguite, elideva la consistenza dell’ipotesi accusatoria e nell’evincere una diversa ricostruzione dei fatti rendendo oggettivamente insussistente l’ipotesi di reato contestata, richiedeva in data 5 Giugno 2020, al Giudice per le indagini preliminari l’ARCHIVIAZIONE DEL PROCEDIMENTO, ordinando la restituzione degli atti al proprio ufficio.
A seguito di interlocuzione del Giudice delle indagini preliminari con il P.M., il quale in data 31.8.2020, a seguito di specifica richiesta, ribadiva che le ragioni “in concreto” delle richieste di archiviazione rivengono dalla lettura di tutti gli atti delle circostanze valorizzate dagli indagati in sede di interrogatorio, il Giudice per le indagini preliminari, con provvedimento n. 1517/19, in data 10 Novembre 2020 emetteva il Decreto di Archiviazione in quanto IL FATTO NON SUSSISTE e ordinava la restituzione degli atti al P.M.
Da tutto quanto sopra evidenziato, CONSIDERATO CHE:
- La revoca dell’AIA La Recisa, avvenuta in data 5/7/2016, a seguito di una riunione-farsa del 30/6/2016, con Dirigenti Regionali, Provincia e Sindaco e dirigenti comunali, a distanza di soli 2 mesi dalla diffida ad adempiere (A CHE COSA?????) (unico caso in Basilicata e in Italia, di celerità, nell’emettere un provvedimento di tal genere, in perfetta sintonia con la celerità da parte degli stessi uffici per procedere, nell’anno 2014, alla Revoca della Diffida [2], operata da parte della stessa Regione Basilicata nei confronti di ENI, senza attendere l’esito delle Analisi da parte di Arpab e Provincia ed in netta antitesi con l’inerzia o la omissione, da parte regionale, inerenti problematiche di natura ambientale [3] ) è basata essenzialmente su presupposti derivanti dal sopralluogo in data 12/01/2016 e dalle relative analisi, NON CONFORMI ALLA LEGGE, nemmeno nell’iter procedurale, con evidenti errori tecnici ed amm.vi, da parte dell’ente accertatore,
[1] L’accreditamento è l’attestazione, da parte di un Ente che agisce quale garante super partes, della competenza, indipendenza e imparzialità degli organismi di certificazione, ispezione e verifica, e dei laboratori di prova e taratura.
L’Arpa Basilicata, unica Agenzia in Italia, insieme alla Sicilia, NON RISULTA ACCREDITATA presso ACCREDIA, così come confermato da un Dirigente dell’arpab Basilicata nel processo N. 418/2016 R.G. nell’udienza del 7/2/2020 ( Ad oggi le udienze per tale Processo sono già 10)
[2] A gennaio 2014 la Regione Basilicata diffida Eni dopo l’ennesima fiammata al Centro Oli di Viggiano. A maggio, pochi mesi dopo, si registrano altre fiammate che avrebbero dovuto spingere la Regione, in base alla normativa, a bloccare le attività. A curare il procedimento di diffida è l’Ufficio regionale di compatibilità ambientale,il quale doveva tenere conto degli accertamenti di Arpab e Provincia prima di chiudere il procedimento. Il 26 giugno 2014 il dirigente l’ufficio firma una lettera che di fatto revoca la diffida ad Eni.
[3] Ci si riferisce in particolare a:
- Quattrocento tonnellate di petrolio sversate nel sottosuolo lucano da agosto a novembre 2016,(così come da inchiesta) con disastro ambientale e contaminazione del reticolo idrografico Val D’Agri su 26 mila metri quadrati di suolo e sottosuolo di Viggiano, e con sversamenti continui di petrolio, dall’anno 2012, così come risulta dalla nota lettera dell’Ing. Griffa, ai P.M., impiccatosi in un bosco in Piemonte nell’anno 2013;
- Mancata attuazione del procedimento relativo alla fuoriuscita di greggio a seguito della rottura dell’oleodotto Viggiano – Taranto che si è verificata alla condotta nei pressi di San Teodoro di Pisticci (Dal Novembre 2014)
- Mancata emissione AIA Tecnoparco, pur con inizio del Procedimento di riesame, in data 4 Luglio 2016, e ad oggi non ancora definito, ed autorizzando, sempre da parte degli stessi uffici, la prosecuzione delle attività nella stessa nota di avvio del procedimento.
- Mancato rispetto del rigoroso Cronoprogramma dell’Accordo di Programma Quadro del 19/6/2013 per la definizione degli interventi di messa in sicurezza e di bonifica delle acque di falda e dei suoli di Interesse Nazionale “Tito” e “Valbasento” , che, per Valbasento risultava impegnata la somma pari a circa € 23.473.521,03 nella quale rientra, tra l’altro il Completamento caratterizzazione ex Pista Mattei per € 1.717.914,77 e, rientranti tutti gli interventi, nell’articolo 19 del citato AQP per l’applicazione dei Poteri sostitutivi in caso di inerzia, ritardo ed inadempimento.
così come si rileva dal citato decreto di archiviazione del GIP;
- Tale revoca (illegittima) dell’Aia ha provocato (si ricorda che con la chiusura della discarica La Recisa portata al collasso, si è stati costretti a conferire rifiuti all’inceneritore La Fenice, non solo per Pisticci, ma per tutti i Comuni della provincia di Matera compresa la stessa) e continua a provocare, dei notevoli danni alla comunità pisticcese, sia di natura economica che di natura ambientale, sia perché non si è avuto la possibilità di smaltire il sopravaglio di circa 7.000 tonn. (ancora sul bacino di discarica), ormai sgretolato nelle balle iniziali e soggetto alle intemperie, e generato, come sopra detto, dall’anomalo conferimento dei rifiuti da parte di tutti i comuni della Provincia di Matera, compreso la città di Matera, nel periodo Settembre 2014 – Dicembre 2015 per circa 45.000 tonn., a seguito delle continue ed illegittime ordinanze provinciali e regionali, sia perché, pur avendo l’Amm.ne C.le presentato da diversi anni (Avvio del Procedimento 28/11/2018) la richiesta di nuova AIA, ad oggi nessun provvedimento è stato rilasciato, con evidente ed ingiustificabile, decorrenza dei termini previsti per legge per il rilascio;
- In tutta questa ASSURDA VICENDA con illegittimità delle Leggi Regionali, illegittimità delle Ordinanze da parte di Provincia e Regione che hanno, di fatto, e con imperio, gestito la Discarica la Recisa, ordinando il conferimento di rifiuti nella discarica La Recisa, da parte di tutta i comuni della Provincia di Matera, in dispregio di tutto quanto verbalizzato in Conferenza di servizi (3 Agosto 2015) e con continue comunicazioni di difformità da parte del Comune a tutti i competenti organi (Regione, Provincia, Arpab, Noe, Prefettura, ecc. ecc.), e in dispregio delle caratteristiche tecniche dell’impianto La Recisa, che consentiva, nel rispetto rigoroso dell’Aia, il conferimento di rifiuti solamente per 20-30 tonn. giorno, ed in dispregio della normativa tecnica ambientale (rifiuti conferiti “tal quali”, circa l’87% di umido veniva scaricato nel bacino tal-quale), mancato ricorso da parte delle Amm.ni C.li alle autorità competenti (TAR, Procura, ecc.) alle varie e continue ordinanze che si sono succedute, mancato riscontro, anche operativo, alle numerosissime comunicazioni del Dirigente che richiedevano la rigorosa applicazione della normativa di settore, proprio per evitare inquinamenti, e che comunicava continuamente, proprio a seguito delle ordinanze tecnicamente inapplicabili, la impossibilità della gestione della discarica in tali condizioni, (Prot. 17757 dell’ 11/8/2015 - Prot. 18562 del 22/8/2015-Prot. 21118 del 23/9/2015 - Prot. 20923 del 21/09/2015 - Prot. 22803 del 13/10/2015 – Prot.26621 del 20/11/2015- Prot. 29355 del 18/12/2015), sopralluoghi ed analisi da parte dell’ente accertatore, in completa difformità della normativa di settore con evidenti errori sia tecnici che amministrativi che hanno portato alla Revoca dell’AIA, RISULTA ETICAMENTE INCOMPRENSIBILE, INACCETTABILE ED ASSOLUTAMENTE INGIUSTO, che a pagare per tutto questo debbano essere, sia dal punto di vista psicologico che economico, i Dirigenti e la Ditta gestore dell’impianto, per presunti inquinamenti INVENTATI DI SANA PIANTA e, soprattutto gli unici, tra uffici regionali, provincia, arpab, ecc. esenti da qualsiasi tipo di responsabilità sia di carattere amministrativo che penale e che, da tutta la documentazione presentata ed allegata, risultano aver fatto in toto il proprio dovere ed anche oltre.
Pertanto, al fine di far rientrare il tutto nel giusto binario di legalità e di giustizia relativamente all’ ipotesi accusatoria di cui sopra, il sottoscritto provvederà (come già fatto con Pec in data 25.1.2021):
- Ad inoltrare all’Amm.ne C.le di Pisticci la richiesta del pagamento di tutte le spese necessarie per lo svolgimento di tale procedimento;
- Ad inoltrare all’Avvocatura dello Stato, con separato provvedimento, la Richiesta di Risarcimento danni, causati da tale assurda situazione, derivanti da indagini espletate con conclusioni astratte, infondate e soprattutto, aberranti, così come validate dalla richiesta di archiviazione e dallo stesso Decreto di Archiviazione, richiesta, questa, in piena sintonia con la proposta di modifica dell’art. 74 del T.U., in materia di spese di giustizia (N. 2186 Camera dei deputati d’iniziativa del deputato Costa), di cui al DPR 30/5/2002 n.11.5 laddove viene inserito il fondamentale principio (di civiltà prima ancora che giuridico) secondo cui in ogni caso se il fatto non sussiste, se l’imputato non lo ha commesso, se il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, l’imputato ha diritto di ripetere dallo Stato tutte le spese sostenute nel giudizio, aggiungendo, in tutto questo, le spese per il totale risarcimento danni provocato, in quanto già la partecipazione al processo (ad iniziare dalle indagini), soprattutto alla presenza di tali errori, costituisce una pena che viene scontata quotidianamente, fino alla sentenza definitiva di assoluzione.
- A suggerire all’Amministrazione Comunale di Pisticci, nell’interesse esclusivo della comunità Pisticcese, di procedere, alla richiesta, ora per allora, dell’annullamento, in autotutela, della DGR n. 776/2016 di revoca dell’Aia, in quanto viziata da errori commessi nelle analisi e nei rapporti di prova, con contestuale richiesta di risarcimento danni sia alla Regione che alla Provincia di Matera, con la complicità attiva dell’Arpab, per aver consentito, con il loro atteggiamento e provvedimenti, il collasso dell’impianto di selezione e tritovagliatura della Discarica La Recisa, vanificando l’intervento di adeguamento, alla legislazione Europea e Nazionale in materia di discarica, per circa €, 1.100.000,00, così come suggerito con Nota Prot. 16664 del 20/7/2016 inviata dal sottoscritto al Sindaco, Giunta, e Ufficio Legale.
- Con ulteriore suggerimento, alla stessa Amm.ne di Pisticci, quale ente comunale, coinvolto nel processo di riorganizzazione della stessa Arpa Basilicata, (attuato con DGR) nell’interesse esclusivo di tutta la comunità lucana, di suggerire o imporre, al Management Arpab, nel rispetto esclusivo del proprio determinante ruolo istituzionale di organo di Controllo, di procedere, immediatamente, ad ultimare il procedimento, iniziato nell’anno 2014, per l’Accreditamento dei laboratori e di tutte le prove, in conformità della Norma UNI ISO CEI/IEC 17025, presso l’Ente di Accreditamento italiano ACCREDIA, collegata, contestualmente, ad una intensa e periodica programmazione di attività di formazione, per i propri dirigenti e funzionari, soprattutto nel settore dei rifiuti e petrolifero, istituendo, altresì, una commissione d’inchiesta, interna per la verifica e successivi conseguenziali provvedimenti, anche disciplinari e di valutazione, (stravolgendo una volta per tutte, il principio ormai consolidato nella P.A., che CHI SBAGLIA NON PAGA) per tutto quanto avvenuto presso la Discarica La Recisa, da parte dei propri dipendenti, (dirigenti e funzionari) ad iniziare dal sopralluogo del 12.1.2016 ad oggi, laddove, per verificati e accertati errori di analisi sia nel metodo che nei risultati, validati da tale sentenza, e con evidenti abusi di potere, in fase di Conferenze di Servizi, si è arrivati alla illegittima chiusura della discarica, alla illegittima revoca dell’Aia, ed ancora oggi, alla mancata attuazione del Piano di Caratterizzazione presentato dal gestore ed eventuale bonifica ed al mancato provvedimento di riesame AIA, compreso altresì il contributo dato dagli stessi per l’astrattezza ed infondatezza delle ipotesi di reato nei confronti del gestore, e dei dirigenti interessati.
Appare evidente e documentato, da tutto quanto sopra espresso, che non esisteva alcuna ragione tecnica per la chiusura e la revoca dell’Aia della discarica, mentre le vere ragioni per tale revoca occorre verificarle in altre direzioni.
Ing. Antonio Grieco