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Sembra ieri, eppure sono trascorsi 40 anni. Erano le 19:34 del 23 novembre 1980. Anche a Pisticci si stava consumando una tranquilla domenica di autunno. Il nostro Corso Margherita, pieno di gente con molte persone appena uscite dalla messa serale di Sant’Antonio celebrata dal parroco don Paolo D’Alessandro; la maggior parte dei giovani davanti alle TV, ad assistere allo svolgimento della partita del campionato di serie A, Inter - Juventus.
Nulla faceva presagire (solo uno strano, lungo interminabile abbaiare di cani dal primo pomeriggio) quei momenti drammatici di un terribile terremoto di magnitudo di 6,9, che praticamente interessò un’area vasta circa una ventina mila chilometri quadrati toccando in gran parte l’appennino meridionale e in particolar modo la Campania e la Basilicata.
90 lunghissimi secondi di terrore che sembrava non finissero mai e che alla fine significarono un pesante bilancio di circa 3 mila morti, oltre 9 mila feriti, oltre 300 mila senza tetto e tra 150 mila e 200 mila abitazioni distrutte.
Per chi ancora non era nato o per chi a quell’epoca aveva una età da non poter ricordare quello che accadde, ma anche per altri che in prima persona vissero quei momenti, noi vogliamo ricordare quello che si verificò alle 19:34 nel centro della nostra città, in particolar modo nel corso Margherita affollato, in quel lunghissimo minuto e mezzo di terrore, che lasciò tutti attoniti, sgomenti e impreparati a muoversi verso una direzione o nell’altra, attraverso un fuggi fuggi generale alla ricerca di un angolo sicuro in cui fermarsi e ripararsi in attesa che tutto presto finisse, o alla ricerca di persone intime e familiari, soprattutto bambini, magari allontanatisi per poco, che in quel momento non si sapeva dove trovarli. Il tutto, seguito da una corsa veloce verso le proprie abitazioni, vicine e lontane per verificare come le stesse avessero fronteggiato il sisma.
In pochi minuti la via più importante della nostra città, si svuotò tra le grida atterrite della gente e la paura che quelle scosse si potessero ripetere. Quella notte nessuno dormì in casa propria. La maggior parte vegliò in auto o si trasferì nelle campagne circostanti, ritenuti luoghi più o meno sicuri, ospiti occasionali per trascorrere la nottata sotto un tetto. Fu proprio lì che, man mano si appresero le prime tragiche notizie dalle altre zone colpite della Basilicata e dalla Campania.
Le distruzioni, i morti e i feriti, ogni minuto sempre più numerosi, e poi i difficili soccorsi.
Un disastro che comunque ha lasciato il segno, vissuto però, con grande coraggio e responsabilità dalla nostra gente, nonostante le vittime e i tantissimi drammi collettivi legati al tragico evento. Momenti indimenticati e indimenticabili che comunque restano scolpiti nella memoria di ciascuno di noi e che immancabilmente ci accostano a tutte quelle sensazioni che si provano oggi in piena pandemia e con notizie sempre drammatiche.
Come allora, è auspicabile che la nostra gente sappia reagire contro questa nuova “peste”. Ci sono precise regole da rispettare. E bisogna farlo. Solo così si potrà avere la fiducia, la forza e il coraggio per superare questo terribile nemico occulto. Che non ci dà tregua.
Michele Selvaggi