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Sulla collina dell'Incoronata, che domina la valle del Basento, si svolge, già da tempo, un lungo e faticoso lavoro di disvelamento del nostro passato. Venti lunghi anni di minuziosa ricerca, durante i quali, l'équipe archeologica del laboratorio di archeologia e storia Merlat (LAHM) dell'università di Rennes 2, sotto la direzione del professor Mario Denti, ha pazientemente portato alla luce frammenti di una storia remotissima.
Il sito archeologico, situato su una collina posta a sessanta metri sul livello del mare e a circa quattro chilometri di distanza dalla frazione di Marconia, è divenuto, nel corso del tempo, di rilevante importanza culturale ed artistica. Tra i ritrovamenti più famosi vi è senz'altro quello del perirrhantèrion, una sorta di bacile sacro interamente decorato a rilievo con scene epico-mitiche; e della dama dell’Incoronata, una testolina dedalica in dedalica in bronzo così ribattezzata, di circa due centimetri e mezzo di lunghezza, la più antica testimonianza in bronzo di tutta l'Italia meridionale, un prodotto di artisti locali che conoscevano l'arte greca.
Ma ciò che non ha assolutamente precedenti in Occidente, in relazione al periodo di riferimento, sono i resti di un edificio aperto di forma triangolare. Una sorta di recinto, i cui confronti in Grecia, di molto successivi, rimandano a culti eroici.
A ciò si aggiunge, alla luce degli ultimi ritrovamenti, il carattere “sacrale” che man mano va a caratterizzare il sito. A testimoniare ciò la presenza di vasellame distrutto come risultanza di una funzione rituale. Le ceramiche impiegate nelle funzioni rituali, non potevano, infatti, essere destinate ad altri scopi, e venivano così rotte in molteplici pezzi poi dispersi nelle fosse e sulla loro superficie.
Per fare nuovamente il punto sugli scavi e soprattutto per tornare a scoprire assieme la storia dei nostri antichissimi avi, si terrà nel centro storico di Pisticci, sabato 18 giugno, un incontro corale che coinvolgerà tutte le associazioni del territorio. Un incontro per riavvolgere nuovamente il filo rosso della storia.
Simona Pellegrini