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La nostra storia tocca i maestri artigiani di una volta e che ora non ci sono più. Prova ad aver bisogno ed a cercare un sarto, falegname, calzolaio, fabbro.
E’ impresa difficile trovarli. E’ la fine di mestieri e mestieranti. Problema generalizzato, di difficile soluzione, atteso che da qualche tempo, nessun giovane impara a far suo un mestiere. Pisticci fino a qualche anno fa, pieno di tante botteghe, con maestri e discepoli, veri artisti del vestito, scarpa, legno, ferro e di altre attività. Arte che si tramandava di padre in figlio, ma che aveva sempre pronti, candidati votati all’apprendimento.
Come non ricordare la bottega del maestro “tizio” o ”caio”, per la comodità dei clienti che, magari, avevano necessità del rattoppo delle proprie scarpe, esemplari unici di quei tempi e quindi buoni per tutte le stagioni, o di una cucitura per uno strappo alla giacca o pantalone, o che dire, di una urgente riparazione alla porta di casa o limatura di una falce o zappa. Tutto a portata di mano e risolto in pochi minuti. Questi erano i nostri artigiani, abili a confezionare abiti, scarpe, porte e finestre.
Per l’occasione vogliamo ricordare qualcuno, come i calzolai padre e figli Burzo, i maestri Leonardo Cataldo, Gaetano Leone, Giuseppe Benedetto (mest peppa zos), Chiapparino, i sarti maestri Diego, Camillo, Antonio Giannace (il sartino), Mingo Bellini, Giovanni Di Trani, Antonio Barbalinardo (U luogn), Armandino Quinto, Pietro Laviola, Michele Panetta, Ambrogio e Michele Grieco (Marchesiedd), i fratelli Guglielmo Benedetto. E poi i fabbri Mingo Cassano, Antonio Leone, i fratelli Giuseppe e Salvatore Quinto (gli “Spieuciell”), Cosimo Santeramo, Enrico Leone, Nardo D’Alessandro, i falegnami Mingo Radesca, Patrizio Bianco, Giuseppe Sodo, Rocco Bellini, Leonardo Pagetta, Gennaro Buonerba, Gennaro Di Taranto, Peppe Mastrogiulio, Emilio Lamberti, i giovani Tommaso Spani e Giuseppe Florio, tutti artigiani seri e attenti per soddisfare le esigenze dei clienti. Clienti, considerati sacri, quasi una….proprietà acquisita, con la consapevolezza, al bisogno, di avergli resi sempre buon servigi. Ma c’è di più, perché la bottega del sarto, (ora Atelier), quella del calzolaio, falegname (ora laboratorio), ferraiolo o altro, era anche ritrovo, per i clienti e amici, dove si trascorrevano diverse ore della giornata, a discutere fatti e personaggi del momento. Insomma, una seconda casa, per la familiarità che in essa si trovava e che a volte aiutava a distogliere da immancabili problemi.
La bottega era anche questa. E che ora non c’è più, come non ci sono più gli apprendisti, futuri maestri di mestieri. Cose sparite, di cui ora ti accorgi solo quando si presenta un bisogno, non sempre facilmente risolvibile. E così vai alla ricerca di qualche eroico sopravvissuto di un’epoca che comunque, tra un impegno e l’altro, conosce sicuramente il modo di accontentarti. Ne sono rimasti pochi. Ma meno male che qualcuno ancora c’è.
P.S. Ci scusiamo se non abbiamo citato tutti e solo quelli che ricordavamo o che qualcuno ci ha indicato, dimenticandone altri. Il nostro rispettoso pensiero va comunque anche a loro, nostri grandi artigiani, che sicuramente hanno contribuito a fare la bella storia della nostra città.
Michele Selvaggi