Sabato, 23 Novembre 2024

Associazione Noicisiamo/Pisticci: andare #Oltrel8marzo

Lunedì, 08 Marzo 2021

Sull’onda emotiva di una qualunque violenza ci sentiamo coinvolti ed indignati al punto che vorremmo abbandonare le nostre tranquillità routinarie e cambiare il mondo.

Spesso, però, tutto si risolve in analisi pseudo sociologiche o nel postare frasi ad effetto in una corsa all’ultimo like. Questo rituale è ancora più marcato se la violenza è consumata e perpetuata nei confronti di donne, di giovani donne poco più che adolescenti. Se questo è il rituale dei nostri tempi, allora non possiamo sottrarci, nemmeno per far sentire una voce dissonante nell’affievolirsi della rabbia e dell’indignazione collettiva.
Abbandonata l’onda emotiva e il politically correct, crediamo sia arrivato il momento di esprimere con chiarezza e con forza un pensiero, ancorché scomodo e contro corrente.
In primis v’è da fare una considerazione sulla comunità pisticcese che, lacerata da mille rivalità, ha completamente abdicato alla sua funzione educativa. Viviamo tutti e respiriamo uno spirito di un luogo in cui v’è una netta demarcazione tra il “noi” ed il “voi”, tra il “noi” ed il “loro”, in tutti gli strati sociali, nella politica come nella scuola, nello sport come nell’associazionismo, nella cultura come nel tempo libero, nelle parrocchie come nei gruppi pastorali. C’è sempre un “noi” che si distingue (in meglio) da un “voi”.
L’effetto primario di questa frammentazione è l’evidente emersione di un becero individualismo finalizzato all’edonismo più sfacciato.
E’ proprio su questa deriva individualista che la nostra comunità ha assolutamente abdicato alla sua primaria funzione educativa. Tutti hanno abdicato, le istituzioni, le scuole, le parrocchie, le associazioni e soprattutto le famiglie. L’educazione dei ragazzi della nostra comunità è il frutto di un quarantennio in cui il valore della funzione educativa è stato soppiantato da edonistici valori di natura economica. La corsa al benessere ha offuscato ogni istanza del ben vivere.
Spesso, riferendoci ai genitori di ragazzi violenti ed aggressivi, li assolviamo con “poveri padri e madri… che colpa hanno ad avere dei figli scapestrati e delinquenti?!”.
Niente di più sbagliato. La colpa di quei genitori, di quel modello genitoriale, è grande, così come è grande quella dell’intera comunità. Nessuno ha educato al valore del rispetto quei ragazzi , presunti responsabili della violenza subita lo scorso settembre,da due ragazzine poco più che adolescenti. Sono tanti i ragazzi con questo evidente vulnus educativo.
E la comunità dov’è? Questa comunità prima si adira nel mondo virtuale e poi, in nome di una pseudo libertà, si gira da un’altra parte ad ogni segnale di violenza e di soprusi.
Una comunità sana e coesa educa i propri figli e le proprie figlie, li segue, li accompagna nella crescita e corregge qualunque devianza.
Proprio per questo affermare che “non siamo tutti come loro”, non ci assolve perché “loro” sono il risultato di un’assoluta incapacità educativa e chi conosce, anche solo superficialmente il mondo degli adolescenti e dei giovani, sa che esiste una sorta di via parallela in cui i valori sono fondati sull’assoluta reversibilità per cui tutto, anche un omicidio o uno stupro, può essere cancellato annullando il post.
Il mondo associativo sa che non basta uno striscione o un cartellone per colmare quel vulnus educativo che si protrae da quarant’anni e che costituisce il chiaro segnale del fallimento di tre o quattro generazioni.
Passata l’onda emotiva, bisogna riprendere a costruire un percorso educativo in cui persone di buona volontà risveglino le coscienze di tutti, giovani ed adulti. Un percorso educativo scevro da ribalte e like, ma impregnato di quell’arte maieutica di cui ogni adulto deve essere dotato.
E’ un’utopia? Può darsi che lo sia. Crediamo che sia l’unica strada per contrastare la crescente distopia che sta emergendo e che sta permeando tutti gli aspetti della vita sociale della comunità.
L’invito è per tutti affinché ognuno faccia la sua parte per uscire dalla ritualità di una festa della donna utile solo ad acquietare le coscienze.  Facciamo tutti e bene, la nostra parte. La politica si preoccupi del bene comune, la scuola educhi prima ancora di istruire, le associazioni facciano un passo oltre “ciò che fa star bene insieme”, le parrocchie siano sempre di più un luogo di apertura e di accoglienza valorizzando i talenti di ciascuno.
Questa terra ha bisogno di ritrovare lo spirito del luogo-comunità in cui ognuno, prima ancora di essere Antonio, Giuseppe, Francesco, Anna, Carmen, Andrea, Angela, è figlio, fratello, sorella, madre, padre, nonno, zio e cugino. Un legame comunitario che si sovrapponga e rinsaldi quello familiare.

E’ questo il nuovo modello di comunità in cui il rispetto è un valore fondativo.

Ultima modifica Lunedì, 08 Marzo 2021 15:27

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