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La nostra storia, anche questa volta ci riporta indietro di parecchi anni fa, quando Marconia - già Bosco Salice - (la denominazione di Marconia avvenne con Decreto del Presidente della Repubblica Gronchi, il 24 febbraio 1956) era solo un agglomerato urbano che insisteva attorno a piazza Elettra e tardava ad espandersi per i tempi che ancora risentivano del periodo bellico, ma forse anche perché non erano maturi i tempi per iniziative urbanistiche tendenti allo sviluppo di una zona che viveva esclusivamente di agricoltura.
Grazie all’intervento degli Usi Civici infatti, all’epoca erano stati assegnati circa 150 quote di terreno da coltivare, di circa 5 ettari ciascuna, con un’abitazione (caselli), per le famiglie, su un territorio di circa 800 ettari. Fu proprio in questo contesto che il tecnico comunale dell’epoca, il geometra, da tutti conosciuti come “don Arcangelo D’Angella”, uomo intelligente e di grandi vedute, ebbe l’idea di redigere quello che fu definito il “Primo Piano Regolatore di Marconia” che, in effetti era solo un modesto, ma efficace piano di fabbricazione che si sviluppava antistante piazza Elettra. L’idea fu sposata dai primi cittadini dell’epoca - prima Nicola Michetti, poi Nicola Cataldo, Domenico Giannace e Rocco Grieco.
In pratica si trattava di suoli edificatori di mq. 240 e mq. 120, su cui si poteva realizzare l’intera costruzione su 2 piani. Il costo del lotto comunale, si aggirava intorno alle 800 lire dell’epoca, al metro quadro. Furono questi lotti, ad essere per primi, edificati da privati. Nel frattempo però, si era verificata la prima frana a Pisticci, quella del 1959, che toccò la parte estrema di rione Croci, un parte del rione Tredici e via Meridionale del rione Dirupo, rimasta transennata per diversi anni. Quel difficile dopo frana, fu gestito proprio dal Geom. D’Angella, con pochi mezzi e uomini a disposizione, quando l’Ufficio Tecnico Comunale era composto solo da 3 persone: il tecnico comunale, appunto don Arcangelo, l’assistente tecnico nella persona di Antonio Gesualdi e un impiegato, Carlo Blancagemma. Per i primi sfollati della frana, l’allora GESCAL, costruì a Marconia case popolari nella zona dell’Asilo Verde, via Napoli, Salerno ecc. oltre al complesso a fianco di via S.G. Bosco e la casa popolare all’ingresso di piazza Elettra. Ma don Arcangelo D’Angella, studiando bene quel primo movimento franoso della nostra città, attraverso una sua precisa teoria, anticipò di qualche anno quello che poi si verificò con la grande frana che spazzò via gran parte del rione Croci nella notte del 21 novembre del 1976 (definito uno dei più grandi disastri della Basilicata), sindaco Nicola Cataldo e tecnico comunale il geom. Michele Motta subentrato a D’Angella.
Don Arcangelo infatti, aveva sempre sostenuto che la frana del 1959 non si era mai fermata ed era sempre in atto un lento movimento del terreno verso la valle (famoso quel suo detto: “frana lenta”), e che prima o poi, una parte di quella zona, poteva essere interessata da un pericoloso distacco. Ebbe ragione e la cosa, come è noto, purtroppo, si verificò. Per fortuna senza vittime.
Ma prendendo in prestito quelle parole: “dal letame nascono i fiori”, di una tra le canzoni più belle di De Andrè, ci piace accostare e ricordare che proprio quella zona “martoriata” doveva ritornare presto a vivere grazie all’impegno dell’Amministrazione Cataldo con la importante, fattiva collaborazione dell’ Ing. Michele Leone, all’epoca dirigente tecnico regionale e all’apporto esterno dell’Ufficio Tecnico Comunale guidato dal Geom. Motta, i cui frutti significarono la rinascita di tutta quell’area franata, con la realizzazione di consolidamenti, una villa comunale, moderni impianti sportivi con il Circolo Tennis, una struttura modernissima che non ha pari in Basilicata, e poi un vasto piazzale dove più tardi con l’Amministrazione di Nino Michetti, trovò posto un attrezzato campo di calcetto, oltre alla circonvallazione per il rione Dirupo e alla messa in sicurezza della restante parte dell’abitato, appena sfiorata dalla frana.
Come sempre, per argomenti di tanti anni fa, anche questa volta ci scusiamo per qualche imperfezione, sicuri comunque di aver fatto cosa gradita per chi ama la storia del nostro territorio.
Michele Selvaggi