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E’ delle ultime ore la notizia della forte scossa notturna dei Campi Flegrei del napoletano e quando si parla di terremoto, da noi, il pensiero va subito a quello disastroso del 23 novembre 1980, che colpì gran parte del meridione d’Italia, in particolare la Basilicata, con tante vittime e ingenti danni.
E’ la occasione per noi, di raccontare un vecchio episodio della nostra storia, con riferimento ad un forte sisma di tantissimi anni fa, che colpì in particolare, anche la nostra zona e, purtroppo, negli anni, passato nel dimenticatoio.
Parliamo del terremoto della sera di Santa Lucia, di quel 13 dicembre 1940, di notevole intensità, ma nulla di paragonabile a quello del 1980. Chissà quanti di voi ne hanno sentito parlare.
Il nostro ricordo è il frutto del racconto di nostra madre, che visse quella vicenda, con terrore e paura, in prima persona, come altri abitanti della nostra città. Quella del 13 dicembre di quell’anno, era una fredda serata di autunno col pensiero rivolto al prossimo Natale che non si annunciava tranquillo, a causa del conflitto bellico, in atto già dal 10 giugno di quell’anno, che aveva coinvolto anche la nostra Nazione. I nostri centri e le nostre famiglie, ormai sventrate, erano privi della maggior parte degli uomini, tanti chiamati al fronte e altri ai servizi complementari dell’esercito. Nelle famiglie erano quindi rimasti i ragazzi, i giovanissimi, gli inabili, le donne e le persone anziane.
Sempre secondo il racconto di nostra madre, che abitava in via Nicola Franchi di Terravecchia, con ingresso anche da via Fusinato di fronte al Castello e al Serbatoio Idrico - la scossa iniziale e prolungata si sarebbe verificata tra le ore 20 e 21 di quella sera, avvertita in tutto il territorio e con un fuggi, fuggi generale di persone che gridavano “Terremoto! Terremoto!” ed alcune donne che pronunciavano lo strano detto antico che accompagnava ogni sisma: “Ce iuorn fu Natal”. Attimi di terrore per una scossa abbastanza forte e rumorosa. La maggior parte della gente di Terravecchia, atterrita, si riversò lungo via Nicola Franchi e più tardi l’Arciprete Don Vincenzo Di Giulio, per ospitare chi lo volesse, decise di aprire la Chiesa Madre, che già il 9 febbraio 1688, aveva resistito alla grande frana della tragica notte di Santa Apollonia nella quale ci furono 400 morti. Quella notte, nessuno andò a dormire, temendo il ripetersi del sisma. Ovviamente, per l’occasione, qualcuno aveva qualcosa da raccontare come il segnale del forte, ininterrotto, strano latrare di cani per tutto il pomeriggio fino al momento del sisma. C’è chi poi ricordò che, galli, galline e pulcini del rione, all’abituale ora del ritiro serale, in modo abbastanza agitato, si erano rifiutate di entrare nei pollai.
Quelli erano altri tempi, purtroppo, mancavano i mezzi e i controlli di adesso. Mancavano i collegamenti e gli uffici preposti, mancavano i tecnici, mancavano le ispezioni alle case colpite dal sisma. Ma soprattutto era in atto la Guerra Mondiale e un terremoto, anche se di dimensioni notevoli, per l’occasione, non poteva che passare in secondo piano.
Dello spaventoso episodio di quella sera, se ne parlò tanto, con danni alle case, che ognuno si preoccupò di riparare, come meglio poteva. Un episodio comunque, che le gravi circostanze belliche dell’epoca, piano, piano lo fecero un po’ dimenticare.
Sono trascorsi quasi 85 anni, ma per chi ha vissuto gli attimi di quel terremoto della sera di Santa Lucia del 13 dicembre 1940, restarono sempre impressi quegli indimenticabili momenti di spavento e di terrore.
Nella foto una vecchia immagine di Pisticci
Michele Selvaggi