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Carmen Lopatriello era davvero capace di intendere e di volere a gennaio dell’anno scorso, quando è accusata di aver ucciso il nonno 91enne, Carlantonio, infliggendogli 26 coltellate al torace e 11 bastonate tra la testa e le spalle?
E’ questo il quesito principale che dovrà risolvere, nelle prossime settimane, il primario del Servizio psichiatrico di diagnosi e cura dell’ospedale di Villa d’Agri, Andrea Barra.
A incaricarlo per un esame delle condizioni psichiatriche della 27enne di Marconia di Pisticci è stata, ieri mattina, la Corte d’assise di Potenza.
Il presidente della Corte, Rosario Baglioni, ha anche disposto per martedì prossimo l’avvio delle operazioni, a cui potranno partecipare anche i consulenti indicati dalla pm materana Annunziata Cazzetta e dai difensori dell’imputata e degli altri parenti della vittima. Quindi ha fissato in 60 giorni il termine per il deposito delle conclusioni della perizia, da cui dipenderà il prosieguo del processo e il destino delle contestazioni a carico della 27enne, detenuta in carcere, a Lecce, da luglio dell’anno scorso.
Ove fosse riscontrata l’esistenza di un vizio totale di mente, capace di annullare la volontà dell’imputata, infatti, la Corte non potrebbe fare altro che lasciar cadere le accuse e affidare Lopatriello a un percorso terapeutico. Se invece il vizio riscontrato dovesse essere solo parziale, o inesistente, allora il processo potrebbe proseguire, e la 27enne potrebbe aspirare, tutt’al più, a uno sconto di pena.
L’omicidio dell’anziano Carlantonio Lopatriello era stato scoperto la sera del 7 gennaio dell’anno scorso, quando proprio la nipote lanciò l’allarme dicendosi preoccupata perché il nonno non rispondeva più al telefono.
All’arrivo dei soccorritori nella sua casa di via San Giovanni Bosco, nella periferia di Marconia, la scena che si aprì davanti ai loro occhi fu terribile, col corpo dell’anziano a terra in camera da letto, su una pozza di sangue.
A puntare i sospetti nei confronti della nipote, nei giorni successivi sarebbero stati una serie di indizi raccolti dagli investigatori, incluse alcune contraddizioni nella sua versione dei fatti e le immagini riprese delle telecamere installate di fronte all’abitazione.
La chiusura del cerchio, però, è arrivata con l’esito degli accertamenti della polizia scientifica, da cui è emerso che «sugli indumenti indossati» dalla 27enne, «nelle ore immediatamente successive al fatto», c’erano diverse macchie di sangue.
Tracce di Dna misto del nonno e della nipote, invece, sono state trovate «su una sua felpa di colore verde, oltre che nel manico del bastone utilizzato per compiere il delitto».
Alla base del gesto il pm Cazzetta ha ipotizzato «una lite, improvvisa ed imprevista, originata da motivazioni economiche».
Contro questa tesi, tuttavia, si è già a lungo espressa la difesa di Lopatriello, assistita dall’avvocato Maria Delfino, per cui sarebbe illogica in considerazione del fatto che il nonno aveva già disposto dei suoi beni in favore della nipote, e non ci sarebbero state avvisaglie della volontà di tornare indietro.
Nelle scorse settimane la Corte di cassazione aveva confermato le esigenze cautelari a carico della 27enne, definita dal Tribunale del riesame una «persona pericolosissima con propensione al crimine».
La Corte aveva evidenziato, in particolare, il rischio che rivolga i suoi istinti violenti contro altri familiari, dato l’«astio nutrito nei confronti di zii e dei cugini».
La prossima udienza del processo, in Assise, è stata fissata il 14 luglio per sentire il perito, Barra, e i consulenti delle parti sull’esito dell’esame psichiatrico.
Leo Amato
pubblicato su "Il Quotidiano del Sud"