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Si è fatto quasi un mese di carcerazione cautelare, passando da poco in regime di detenzione domiciliare, con l’unica “colpa” accertata di aver atteso e raggiunto solo alla fine alcuni membri del branco, nel luogo dove secondo l’accusa si sarebbe consumato lo stupro delle due ragazzine inglesi, la notte del 9 settembre scorso, durante una festa in una villa privata di via Pertini a Marconia di Pisticci.
Lui a due ragazzi doveva dare solo un passaggio a casa; ed aveva una certa premura quella domenica sera, perché l’indomani doveva tornare al suo lavoro di elettricista in una ditta del posto. Michele Falotico, il 21enne arrestato lo scorso 20 ottobre come ottavo componente del branco, è l’unico ai domiciliari. Lo ha stabilito il giudice del tribunale del Riesame (che aveva rigettato tutte le altre 7 istanze), accogliendo la richiesta ben motivata del suo legale, l’avvocato pisticcese Giandomenico Di Pisa.
La posizione del giovane, come ci ha raccontato Di Pisa, è stata notevolmente alleggerita da due prove quasi inconfutabili, ovvero i messaggi whatsapp, spediti insieme all’amico Rocco Lionetti (anch’egli in carcere con la stessa accusa), ad alcuni componenti del branco a cui doveva dare il passaggio, ma erano spariti dalla villa; poi la visione analitica di alcuni frame dei filmati di videosorveglianza, da cui si evince chiaramente che Falotico era in attesa davanti al cancello, mentre ad alcune decine di metri, a sua insaputa almeno fino a una certa ora, si stava consumando lo stupro delle due ragazzine. Secondo la ricostruzione del suo legale, che ha convinto il giudice del Riesame, Falotico avrebbe messaggiato gli altri, o direttamente o tramite il cellulare di Lionetti, almeno fino alle 00.39 del 9 settembre. Poi, non ricevendo loro risposte, si sarebbe messo alla ricerca, arrivando sulla “scena del crimine” negli ultimi 5 minuti, a stupro quasi già interamente compiuto. Lo dimostrano le immagini dei messaggi whatsapp forniti al giudice, ma anche i frame che lo ritraggono in attesa di una risposta ai primi messaggi.
Su queste prove, però, c’è un mistero, perché come ci ha raccontato Di Pisa, dalla perizia depositata sui telefoni cellulari, non risulterebbero né filmati dello stupro (una delle ragazze ha riferito di aver notato torce e forse telecamere di cellulari accese durante la violenza), né tantomeno i messaggi di whatsapp. Eppure, Falotico riferiva con certezza di aver inviato messaggi agli altri prima di raggiungerli. Così, Di Pisa si è rivolto direttamente alla Polizia postale, che ha analizzato i cellulari. E qui il misterioso colpo di scena: sono saltati fuori i whatsapp, regolarmente fotografati dagli agenti e forniti al legale per la difesa, con tanto di verbale di consegna. Eppure, nella perizia depositata sugli apparati elettronici, i whatsapp non risultavano. È legittimo chiedersi cosa sia avvenuto: perché i messaggi non c’erano e poi sono comparsi magicamente, quando l’avvocato ha avuto l’intuizione di insistere, evidentemente spinto dal suo assistito? C’è un errore o una svista dei periti?
Domande che necessiterebbero di una risposta, perché quei messaggi, oltre ad alleggerire la posizione di Falotico, potrebbero essere molto utili a definire meglio le posizioni (e forse la responsabilità) degli altri membri del branco.
A questo punto, si può essere veramente sicuri che in quei cellulari non ci siano filmati che riprendano il branco durante la violenza? Insomma, dopo il “caso Falotico”, la perizia sui telefonini sequestrati meriterebbe certamente ulteriori approfondimenti.
Antonio Corrado
Pubblicato su "Il Quotidiano del Sud"