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“Questo importante lavoro di Maria Di Tursi pone un faro sulla conoscenza, sulla quintessenza dell'umanità. Una verità che scandalizza e conforta, un ossimoro imperituro, una rivoluzione che stabilizza e consente l'avanzamento della civiltà.” Dopo la partecipazione del romanzo al Salone Internazionale del Libro di Torino e in attesa della Fiera Più Libri Più Liberi che si terrà a Roma il prossimo dicembre, l’opera della scrittrice pisticcese riceve una pioggia di consensi dai lettori. L’autrice stessa ha dichiarato di aver scritto un libro che cambia volto e intenzioni a seconda del lettore. Alcuni lo hanno definito inquietante e geniale, altri maestoso e pieno di fascino, altri ancora ironico e avvincente. Diarium Artis infatti è tutto questo (e anche di più, potremmo aggiungere). Intanto l’opera continua a ricevere nuove recensioni. L’ultima è stata appena pubblicata da Lucia Paternò sul numero 91 del Convivio (rivista ANVUR).
Realtà o fantasia? Gioco o serio lavoro? Leggenda o cronaca? Amore o sesso? L'una non esclude l'altra. È un viaggio onirico e storico al tempo stesso, dove il mito, la classicità, l'arte e i segni ineludibili dell'avanzamento della civiltà sono protagonisti. Un itinerario narrativo incardinato sulla progressione della conoscenza. Che sia Dante Alighieri che rimane estasiato della bellezza e concepisce la Commedia o che si tratti di Botticelli e la realizzazione della Primavera, quel che conta è l’espressione più alta del genio umano, l'inno alle opere straordinarie, ma al contempo unicamente umane, che caratterizzano lo spirito aulico e immaginifico dei grandi della storia. Questo è il nucleo del romanzo di Maria Di Tursi, DIARIUM ARTIS .LA MUSA SENZA VELI (Il Convivio Editore, 2022), un racconto sull'apoteosi dell'arte e del sapere, una serie di vicende tra mito e realtà che pongono l'accento sulle imprese culturali e sui vari modi di estrinsecare i prodotti dell'intelletto e dell'animo umano. Accezioni chiave per comprendere il procedere incontrastato e inarrestabile dell'estetica sono il Divinatore, lo Stregato, l’Enigmista… funzionali a descrivere una sorta di incantesimo che plasma le menti e fa concepire meraviglie. Gli uomini in questa visione trasognata sono strumenti e artefici, e i luoghi come Parigi, Firenze, l’Inghilterra di Shakespeare sono fonti di ispirazione e scenari condizionanti la creazione. Si ripercorrono secoli di progresso, di acquisizione di nuovi modi di vivere e godere del bello, di lasciarsi cullare dalle parole, talvolta persino di lasciarsi salvare. Le opere, un po' come nei Sepolcri di Foscolo, sopravvivono all'autore e segnano la profonda umanità superandola, quasi a lambire la divinità. Nel romanzo della Di Tursi è la musa senza veli che attraversa i secoli e si perpetua nelle opere, una verità che scandalizza e conforta, un ossimoro imperituro, una rivoluzione che stabilizza e consente l'avanzamento della civiltà. Gli esiti più alti del genio umano, ma anche i suoi travagli e il senso di mancanza, di imperfezione (che viene colmato con l'anelito all'infinito tramite la composizione artistica) sono i protagonisti, e naturalmente la Musa: una musa non sempre generosa, ma parca, e incline a lasciare liberi, talvolta a titillare e abbandonare, come strategia per trarre fuori il meglio, la creazione intrisa di sofferenza e umanità. “ L'incorruttibilità della materia era l'unica salvezza che potevo offrirgli. Perfetta. Senza fine. E senza parole. Come un marmo che vive senz'anima. Come un'anima senza corpo mortale”. Eppure le parole sono la sostanza delle opere letterarie, sono le definizioni che danno corpo alle cose, sono i nomi: “Come sarebbe sufficiente pronunciare la parola rosa per sentirne la fragranza.” La Musa attraversa i secoli, seduce le menti e i cuori, accompagnata molte volte da Pan, come un corrispettivo del Caronte dantesco, una figura che ritorna e fa da spalla (adombrato dalla sua solennità) a questa forza generatrice che assume varie forme e si perpetua, distribuendo musica, opere scultoree, dipinti e liriche e quanto di più bello e sublime può produrre l'ingegno umano. Come una sinfonia di Mozart, un'epifania dello spirito che travalica l'umana comprensione e il percorso della cultura, l'elevazione incorporea incanta da generazione in generazione e da secoli nei secoli. La missione di questa musa è eterna e proficua, rende migliori gli uomini con il suo afflato. In questo lavoro la Di Tursi racconta le vite straordinarie ma anche le miserie degli uomini, i loro poteri e i loro limiti, come contraltare alla magnificenza e allo spirito di abnegazione di alcuni per regalare l'estasi artistica. Un canto si solleva quasi in sordina alla conoscenza, all'arte, all'amore persino, ai mille modi di essere uomini e di palesare i propri sentimenti. Questo importante lavoro di Maria Di Tursi pone un faro sulla conoscenza, sulla quintessenza dell'umanità. Con tono ieratico, in un’atmosfera mitologica, la verità si disvela, ha le sembianze di un’avvenente donna, di una raffigurazione caravaggesca o di un verso leopardiano; tuttavia lascia il segno, il segno di una storia meravigliosa e vera, quella documentabile dell'evoluzione nel sapere dell'uomo.
Lucia Paternò