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Sta ottenendo un grandissimo successo, il Presepe allestito da Felterino Onorati e Anna Maria Pagliei all’Archivio di Stato di Matera. Inaugurato il 3 dicembre sarà visibile al pubblico fino al 6 di gennaio 2023. Gli orari per visitarlo sono: lun/ven dalle ore 9:00 alle ore 13:00 (eccetto giorni festivi)
A quanto riporta il sito “Sassilive” un inaspettato “Presepe tradizionale di Natale”, grazie al patrocinio del Comune di Pisticci e alla perizia artigianale dell’Associazione Arte, Cultura e Tradizione, guarda sulla strada dall’ingresso dell’Archivio di Stato materano. L’opera è stata allestita da Maria Pagliei e Felterino Onorati, due soci dell’associazione pisticcese. Una testimonianza di resilienza, nell’ora buia che batte nel cortile del mondo.
Alla prima il visitatore si domanda perché enfatizzare l’aggettivo “tradizionale” che di per sé può essere rivendicato dalla maggior parte delle ricostruzioni presepistiche. Ma i due artigiani tengono a sottolineare che i loro pastori sono stati plasmati con l’argilla dei calanchi pisticcesi e sottoposti alla tecnica della cottura ripresa dai locali fornaciai d’una volta.
Tutt’altro che secondo tradizione, però, appaiono le figure della sacra famigliola di Betlemme. Che non trova riparo in una grotta, non dispone di una greppia, non staziona presso uno “scoglio” napoletano di vetuste rovine. A cielo aperto, in cima a una valletta, ritto e frontale, domina un Giuseppe sfarzosamente drappeggiato, dal copricapo ai piedi, come un dignitario orientale. “Fa il carpentiere, è una partita IVA” spiega, sorridendo, uno dei due artisti. A sinistra la Vergine tiene in braccio un Bambino che, mentre si assopisce, il ghiottone, protende ancora la manina alla bottiglia della sua mammella destra prorompente. Ha il manto azzurro, la veste bianca guarnita di stoffa preziosa, d’attorno le dilaga d’ogni lato un grande strascico di tulle. Poco più sotto c’è il viluppo oscuro dell’asino e del bue, questo con il testone a riposare sul dorso dell’altro. Alle spalle del gruppo, un alberetto secco i cui rami sono costellati di fiorellini per significare la rigenerazione messianica delle cose. A metà valloncello ecco un personaggio di chiara nobiltà che esibisce il dono di quattro caciocavalli rigorosamente podolici; ecco una popolana col cesto ricolmo di uova e un campagnolo con un agnello al collo, accanto a tre sacchi da cui occhieggiano melograni, peperoncini e uva. Una rete di lucine copre il terreno di paper clay ruvido, come brinato, con chiazze qua e là di muschio autentico, ovviamente dei calanchi, dove sono sparsi una cinquantina di pecore e di agnelli dal vello finemente ricciuto, quali in movimento quali dormienti. Sovrintende il proprietario del fondo panneggiato non meno sontuosamente di Giuseppe e Maria, una pecora madre sulle spalle e un agnello in braccio, mentre una popolana si avvia a far benedire il figlioletto dal neonato Figlio di David e un acquaiolo seduto stringe la cuccuma. Sul basso, all’entrata del campo, compaiono i tre Magi che, giunti alla mèta, non comprendono che il loro Polo Nord è lì dietro. D’altronde, al ritrovo brulicante delle stelle che punteggiano la notte blu dello sfondo non partecipa la cometa del divino Re.
Undici statuine, alte circa 40 cm, sette con i corpi e i panneggi integralmente di ceramica, cinque rivestite anche di stoffa.
Tradizionale, ma, insieme, controcorrente questo presepe che, mentre raccoglie materiali e aspetti della “pisticcesità” rompe con i modi topici delle figurazioni presepiali. Un’opera ragguardevole e deliziosa in cui si sbriglia il virtuosismo di mani esperte in decorazione.