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«Anche nell’ultima rilevazione Istat relativa ai redditi del 2020 la Basilicata si conferma tra le regioni con il reddito medio annuo delle famiglie più basso d’Italia: dietro la Basilicata solo la Campania e l’Abruzzo».
È quanto rivela il centro studi della Cisl Basilicata precisando che «nel 2020 il reddito medio delle famiglie lucane è stato pari a 26.740 euro, inferiore alla media del Sud, pari a 27.189 euro, lontano dalla media italiana, pari a 32.812, e lontanissimo dal reddito medio del Nord che nel 2020 si è attestato a quota 36 mila euro, circa 10 mila euro in più della media lucana». Secondo il centro studi della Cisl «c’è quindi poco da gioire se in Basilicata il tasso di inflazione si è mantenuto sotto il livello di altre regioni poiché i redditi sono già molto bassi e l’aumento dei costi dei beni essenziali diverrebbe insostenibile».
Secondo il centro studi del sindacato «la diseguaglianza dei redditi si traduce in una differente capacità di spesa e qualità della vita, nonché in una maggiore difficoltà ad accedere a servizi fondamentali. A ciò si aggiunge la diseguaglianza delle spese dello Stato come documentato dalla Svimez per cui le regioni del Mezzogiorno hanno un valore di spesa media pro capite inferiore di circa 4 mila euro per abitante considerando il settore pubblico allargato e di circa 2.700 euro considerando la sola pubblica amministrazione». Un quadro a tinte fosche, quello tratteggiato dalla Cisl che potrebbe ulteriormente aggravarsi con l’autonomia differenziata.
Per il segretario generale Vincenzo Cavallo «non deve essere un tabù pensare di convogliare energie nella nostra regione su un patto sociale che preveda anche l’incremento dei redditi da lavoro di cui beneficerebbe poi tutto il sistema economico attraverso un incremento dei consumi. Se da un lato il dato dei bassi redditi da lavoro ci spinge a ritenere sempre più necessario un rilancio della contrattazione di secondo livello in Basilicata, anche nelle piccole realtà produttive e non coperte da accordi nazionali per rimpinguare i redditi dei lucani, dall’altro lato è inevitabile pensare a quali effetti drammatici potrà avere l’autonomia differenziata sui cittadini lucani nell’esercizio dei loro diritti civili e di cittadinanza».
«Abbiamo un Sud impoverito di risorse interne ed esterne, una combinazione questa che rende puramente retorico il discorso dei livelli essenziali delle prestazioni, dei costi e dei fabbisogni standard, perché è impossibile, e non è un caso che sono anni che non si riesce a farlo, definire un fabbisogno standard per contesti geografici e demografici così diversi. È necessario invece aumentare l’investimento della pubblica amministrazione centrale nei servizi e nelle infrastrutture al Sud, non per l’autonomia differenziata, che oggi appare come la secessione dei ricchi, ma per l’applicazione del principio di uguaglianza e pari opportunità dei cittadini del Mezzogiorno», conclude il segretario della Cisl.