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Il Bosco Salice di Pisticci rappresenta un vasto paesaggio agrario, estendendosi dal Centro Agricolo fino alla Strada Provinciale che collega Pisticci a San Basilio, e da qui verso la Destra del Basento; a ovest è delimitato dal fiume Cavone, mentre a nord-est dal Basento.
Questa area, che copre circa 3.000 ettari di terreni agro-silvo-pastorali, non è mai stata del tutto bonificata e solo in parte è servita da impianti irrigui. Secondo i documenti catastali, la zona agricola in questione aveva una natura giuridica "Civica". Durante il ventennio fascista, l'area fu gestita da una grande impresa in attesa della suddivisione in lotti. Con la creazione del Luogo di Confino di Centro Agricolo, un'azienda gestita dalla Società Agricola Parrini per ospitare detenuti politici, il regime diede avvio alla costruzione dei "Caselli". Dal 1930 al 1943-44 furono costruite 36 unità immobiliari sui pianori, destinate ai futuri coloni. Questi edifici riprendevano il modello delle aziende agricole di piccola e media dimensione dell'Emilia-Romagna.
Anche le architetture di Marconia, con le sue arcate, evocano questi modelli, come quelli della città di Nettuno, un altro insediamento fascista coevo a Marconia, dedicato a Guglielmo Marconi. I caselli e Marconia erano stati progettati per rafforzare l'agricoltura in un'area dove ancora esistevano vincoli legati al latifondo, anche se già in parte posseduto dalla nascente borghesia terriera. La realizzazione di Marconia, del Centro Agricolo e dei caselli rappresentava una novità per tutta l'area del Metapontino, con l'obiettivo di avviare la Bonifica Integrale voluta da Arrigo Serpieri. Era un progetto ambizioso, che mirava non solo a migliorare le strutture agricole, ma anche a eliminare i vincoli degli "usi civici" sui beni demaniali. Il regime fascista, attraverso la creazione di nuove colonie agricole, perseguiva un doppio scopo: modernizzare il settore agricolo e, allo stesso tempo, neutralizzare gli effetti delle "Leggi Speciali", utilizzando il lavoro dei confinati politici per opere che avrebbero dato un'illusione di modernità e libertà. Tuttavia, la storia ci ha dimostrato che, sebbene il ventennio fascista abbia realizzato grandi opere materiali, come la colonia di Marconia, il Centro Agricolo e i 36 Caselli, ha anche lasciato profonde cicatrici morali, fatte di sofferenze e persecuzioni. Molti dei caselli versano oggi in uno stato di degrado e abbandono, dovuto all'incuria dell'amministrazione comunale. È necessario agire per recuperarli, onorando la memoria dei confinati politici e di tutti coloro che, nel corso degli anni, hanno contribuito alla trasformazione di Marconia in una realtà emergente del Metapontino. Guardare al passato è essenziale per proiettarsi nel futuro. Una buona classe politica, con un dovere morale, deve farlo, soprattutto per le nuove generazioni.
Così con una nota Tavolo Verde Puglia e Basilicata