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1944: una data storica anche per la comunità di Pisticci e per la colonia confinaria di Centro Agricolo - Bosco Salice. Con l’arrivo delle forze armate anglo-americane, impegnate nella liberazione dell’Italia dal nazifascismo, venne dichiarata libera anche la colonia dei confinati politici e dei detenuti comuni. Per circa un decennio, questa realtà aveva conosciuto le restrizioni imposte dal regime: una sorta di campo di concentramento sotto la sorveglianza dei "militi al soldo dei gerarchi".
Tuttavia, si era instaurato tra i detenuti e i sorveglianti un rapporto di buon senso e tolleranza, probabilmente favorito dalla comune condizione di isolamento e incertezza vissuta durante il conflitto mondiale.
Tra i detenuti politici spiccava il comunista Umberto Terracini, uno dei padri della Costituzione italiana. Con discrezione, questi confinati avevano avviato rapporti con i braccianti e i contadini locali, che frequentavano Bosco Salice per raccogliere legna, carbone e carbonella, o per pascolare il bestiame. L’area era infatti costituita da macchia mediterranea di natura civica demaniale comunale. Le relazioni instaurate tra i detenuti politici e alcune componenti della comunità pisticcese, comprese le giovani generazioni di umili origini, rappresentarono un fermento culturale. Tali interazioni contribuirono a formare ideali di giustizia e libertà che il regime aveva per troppo tempo negato. Anche la dura condizione di vita dei detenuti suscitò riflessioni nelle famiglie locali, molte delle quali avevano cari impegnati al fronte: soldati caduti in battaglia, dispersi o prigionieri.
Questa dolorosa esperienza storica contribuì a far maturare una maggiore consapevolezza nella comunità bracciantile e contadina. Si cominciò a pensare che le vaste aree agro-silvo-pastorali potessero essere trasformate e assegnate ai lavoratori, spezzando il giogo della grande proprietà feudale, clericale e pseudo-civica. Si prese atto che sapere, cultura e organizzazione politica, anche se detenuti clandestinamente – come accadeva con la cellula comunista presente in uno dei Caselli – potevano diventare strumenti di emancipazione sociale.
Questo fermento si tradusse negli anni successivi nelle battaglie per la terra: la terra a chi la lavora. In questo senso, Pisticci può vantare un primato storico. Le lotte contadine lasciarono segni indelebili, promuovendo passi significativi sia nella mobilità sociale, sia sotto il profilo culturale. Non a caso, nacque una classe politica e dirigente di alto livello, tra cui spiccò la figura autorevole dell’avvocato Nicola Cataldo. Questi leader diedero un impulso inestimabile allo sviluppo e alla crescita del territorio, tanto che Pisticci, per lungo tempo, fu il primo comune della Basilicata per popolazione, servizi, ricchezza prodotta e reddito medio pro capite.
Ovviamente, condizioni generali favorevoli contribuirono a questo progresso. Tuttavia, è innegabile il fermento culturale generato dalla colonia confinaria di Centro Agricolo, che lasciò un segno indelebile sulla comunità di Pisticci. Questo fermento permise alla popolazione locale di cogliere il significato profondo della Storia, intesa – come diceva Gramsci – come storia di tutti gli uomini. Oggi vogliamo continuare a credere, noi che apparteniamo a un passato di principi di uguaglianza e valori libertari, che chi è chiamato a governare la cosa pubblica sappia ricordare il passato. Che metta al centro della sua azione l’interesse generale e la difesa della propria comunità, seguendo quei valori per cui i confinati politici furono condannati al confino.
Prof. Francesco Mario Malvasi