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L’intitolazione della sala consiliare della delegazione comunale di Marconia ad Antonio D’Angella rischiava di sortire a Pisticci il solito, deleterio e tetro effetto di dividere in due l’opinione pubblica locale.
Si sa, qui da noi ogni situazione genera immediatamente “a prescindere” l’occasione di riportare la discussione sui binari della disfida fra guelfi e ghibellini, bianchi e neri, pro e contro, come se ridurre tutto ad una disputa fosse l’unico obiettivo possibile. Non questa volta, tuttavia, non in questa occasione, considerata la singolarità del protagonista ed il contesto politico-culturale in cui l’iniziativa si inserisce.
All’ex sindaco Vito Di Trani deve innanzitutto essere riconosciuto un innegabile merito, quello di aver preso cioè una direzione e di averla perseguita con determinazione. Non è poca cosa in tempi in cui il peso della responsabilità politica genera effetti anestetici e perfino paralizzanti su chi si prova ad amministrare la cosa pubblica. In realtà chiunque tenti oggi di interrogare un qualunque rappresentante o simpatizzante di uno dei partiti politici dello scacchiere che sia contemporaneamente anche un fervente cittadino di questo comune, potrà verificare direttamente come l’avvocato D’Angella incarnasse nell’immaginario collettivo una ed una sola cosa: l’essere un uomo visceralmente di sinistra. Visceralmente, cioè a dire totalmente, completamente, da credente e praticante. E la verità è che probabilmente nessuno quanto Antonio D’Angella si è speso in concreto nell’arco di tutta la vita professionale per dare una forma di tutela alla povera gente, ai deboli e meno fortunati. Ecco, la prima riflessione che ci orienta alla corretta interpretazione di questa intitolazione è qui, sta nel DNA oramai in via di dissoluzione di un’area politica fondamentale nella storia di questo Paese e di questa cittadina, risiede nella testimonianza di ciò che è stato e che probabilmente non è più, nella vocazione popolare della grande Sinistra durante l’epoca d’oro dei comizi primaverili atrocemente gremiti di folla, delle campagne elettorali serrate e disegnate su valori contrapposti ed assolutamente non conciliabili, della vita politica vera e palpitante che si generava attraverso i contatti tra la gente. Intitolare la sala consiliare della delegazione comunale di Marconia ad Antonio D’Angella è iscriverla di fatto a simbolo di quel preciso modo di fare politica, significa ancorarla alla figura di un uomo che si è battuto per difendere i valori autentici della cultura popolare, vuol dire inchiodarla definitivamente sui luoghi della storia territoriale per far sì che funga da monito per un nuovo che avanza e che pare non abbia valori da proporre né battaglie da combattere fino in fondo.
C’è tuttavia qualcosa di più, dietro la cornice di una cerimonia di apposizione di una targa in un luogo, c’è la netta sensazione che Antonio D’Angella possa ricevere l’onoreficenza a nome e per conto di una stagione politica intera che vogliamo assolutamente recuperare, come se egli rappresentasse trasversalmente ed all’unanimità tutta una classe dirigente vissuta in un’epoca di grandi cambiamenti per questo territorio, uomini e donne che quarant’anni fa, nelle rispettive aree politiche di destra, di centro, di sinistra, cominciavano ad attraversare la storia di questo territorio spendendosi per un ideale. Nessuno più di lui lo avrebbe meritato, in realtà, per via di quella sua innata propensione all’apertura, al dialogo, pur restando sempre onestamente e fermamente testimone dei valori della Sinistra.
Giulio Caputi