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Segue nota stampa inviata in redazione di Tavolo Verde Puglia e Basilicata
Nonostante la nominale capacità di invaso della Regione Basilicata sia stata calcolata in circa 800 milioni di metri cubi, dopo la realizzazione della diga di Senise – teoricamente capace di contenere circa 450 milioni di metri cubi – l'agricoltura continua a soffrire l'emergenza idrica. Negli anni, il settore ha subito danni ingenti, al punto che molte aziende irrigue hanno chiuso i battenti e altre hanno abbandonato le colture irrigue.
Alcuni dati del Consorzio di Bonifica segnalano la progressiva diminuzione dei consumi aziendali, legata anche alla contrazione delle superfici prenotate. Un tempo, le superfici effettivamente irrigate erano stimate intorno ai 15.000 ettari, pari al 20% della superficie servita da impianti irrigui. I dati più recenti forniti dall’Ente Consortile relativi all’area del Metapontino indicano una superficie irrigata di circa 10.000 ettari e un beneficio irriguo pagato dai produttori per un totale di circa 2,8 milioni di euro. Il maggior contribuente è la platea dei produttori di Pisticci, per un importo di 800.000 euro. Il volume di acqua pagata ammonta a circa 45 milioni di metri cubi.
Nei campi, però, è arrivato non più del 50% dell’acqua immessa negli adduttori per uso irriguo. La restante parte è stata dispersa, sprecata o utilizzata da alcune attività industriali. In definitiva, i limitati quantitativi di acqua per uso irriguo non solo non coprono le superfici servite da impianti irrigui, ma risultano anche insufficienti a soddisfare la domanda delle superfici prenotate. Se a ciò aggiungiamo i continui disservizi legati alla pessima gestione del Consorzio di Bonifica, il quadro generale assume tutte le caratteristiche di un drammatico danno economico a carico dei produttori agricoli, che ogni anno vedono le proprie colture danneggiate dalla carenza idrica.
E non solo: il perdurare di ricorrenti periodi di siccità e di crisi idriche, legate anche – e soprattutto – alla cattiva gestione delle acque invasate, accentua il processo di abbandono delle aree notoriamente irrigue, costringendo molti agricoltori a orientarsi verso colture estensive non irrigue o addirittura verso l’aridocoltura tipica delle aree interne, che rappresenta il preludio dell’abbandono totale.
Al momento, i dati sulle acque invasate e sugli interventi necessari a scongiurare un’altra annata disastrosa per i produttori agricoli non sembrano incoraggianti, sia a causa dell’andamento climatico, sia per la confusione e l’inerzia che regnano nei palazzi della Regione Basilicata. Ancora non si è provveduto a progettare e finanziare nuove infrastrutture né a riparare e riabilitare le adduzioni fuori uso da tempo. Ancora non esiste un progetto organico per l’emungimento delle falde freatiche e artesiane, che pure abbondano lungo le golene fluviali e sotto i pianori alti del Metapontino. Ancora non si è proceduto al riparto provvisorio delle acque per l’uso plurimo e per l’agricoltura.
Si continua a tergiversare sulla gestione organica della risorsa idrica in agricoltura, evitando di istituire un’unità di crisi con il coinvolgimento diretto degli enti locali a maggiore peso specifico agricolo e territoriale. Il Consorzio di Bonifica non può continuare a essere gestito da un satrapo e dai suoi fedeli, ma deve essere governato dai cittadini che trovano rappresentanza nei comuni, e non più nelle superate organizzazioni di categoria o presunte tali.
In conclusione, il rilancio dell’agricoltura lucana passa, soprattutto, attraverso una nuova e razionale politica di gestione della risorsa idrica, indispensabile per il futuro del settore.