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Terremoto del 23 Novembre 1980: una delle più grandi tragedie italiane. Numerose sono le testimonianze e i ricordi, provenienti dal mondo della politica, delle associazioni e dei sindacati, di quella triste serata d'autunno.
LEGAMBIENTE PISTICCI: "Il terremoto del 1980 è una sorta di strada maestra, ci ricorda di rispettare il territorio nella sua fragilità e vulnerabilità"
Quarant’anni.
Quaranta lunghi anni da quel giorno in cui tutto il Sud tremò.
Quel giorno è un fermo immagine continuo impresso nelle menti di molti lucani, campani e pugliesi.
Ci si ricorda il prima, una Domenica primaverile in pieno autunno, in cui era in programma Inter-Juve.
Il grande dramma inizia con la paura, le prime notizie, l’apprensione dei famigliari sparsi in tutta Italia, la prima notte per strada. Quella notte avrebbe cambiato tanti destini. In un certo senso ha cambiato anche alcuni approcci scientifici e istituzionali. Quella notte l’Italia risultó anche impreparata nel capire la gravità dell’evento. Rimbalza alla memoria l’articolo del Mattino “FATE PRESTO” , il monito del Presidente della Repubblica Sandro Pertini del 25 Novembre e l’arrivo di Papa Giovanni Paolo II nelle aree colpite.
Solo alcuni giorni dopo, mentre i comuni colpiti dell’Irpinia scavavano a mani nude e contavano i morti, si capì che si era trattato del Terremoto di magnitudo più forte registrato nel territorio Italiano nell’800 e 900. 6.9 della scala Richter.
Il billancio era come quello di una una guerra, 2914 morti, interi centri dell’appennino centrale rasi al suolo. Si era capito che serviva un approccio diverso. Il terremoto del 23 Novembre è stato anche la scintilla, grazie a Zamberletti, che ha portato alla nascita della Protezione Civile. Si era capito che serviva un corpo ad hoc preparato a fronteggiare le emergenze di eventi naturali come Terremoti, Alluvioni e Frane. Si è capito che le abitazioni dovevano rispettare alcuni criteri di progettazione come il Rischio sismico, perché l’Italia, non dimentichiamolo mai, per buona parte è a rischio simico e a rischio idrogeologico.
Legambiente Pisticci a 40 anni dall’evento, vuole ricordare quel 23 Novembre molto importante per la storia dell’Italia. Soprattutto, si vuole focalizzare l’attenzione in particolare sui piani della Protezione Civile.
Ricordiamo, un piano di protezione civile è l’insieme delle procedure operative di intervento per fronteggiare una qualsiasi calamità attesa in un determinato territorio.
Il piano di protezione civile recepisce il programma di previsione e prevenzione ed è lo strumento che consente alle autorità di predisporre e coordinare gli interventi di soccorso a tutela della popolazione e dei beni in un’area a rischio.
Tale strumento ha l’obiettivo di garantire, con ogni mezzo, il mantenimento del livello di vita ”civile” messo in crisi da una situazione che comporta gravi disagi fisici e psicologici.
Informare e far conoscere ai cittadini il piano comunale della protezione civile, installando anche l’apposita segnaletica, è fondamentale per la preparazione ad eventuali calamità naturali.
Legambiente vuole ricordare tale esperienza per cercare di non commettere gravi errori di gestione che tutt’ora purtroppo, paghiamo e spesso hanno impedito sviluppi intelligenti.
Il terremoto del 1980 è una sorta di strada maestra, ci ricorda di rispettare il territorio nella sua fragilità e vulnerabilità. Ci ricorda di costruire rispettando i criteri di costruzione con le sue Norme Tecniche e soprattutto ci ricorda la presenza attuale di aiuti per mettere in sicurezza le nostre abitazioni con il “Sisma Bonus”. Dal 1° gennaio 2017, infatti, l’agevolazione fiscale può essere usufruita per interventi realizzati su tutti gli immobili ad uso abitativo, non solo l’abitazione principale, e immobili adibiti ad attività produttive, ubicati in zone sismiche 1, 2 e 3.
Pisticci, secondo la classificazione sismica aggiornata nel 2015, cade nella zona 2.
Sono queste misure che devono permettere di farci convivere con il rischio geologico e di non abbandonare aree e radici.
GIUSEPPE SICOLO, PRESIDENTE ORDINE DEGLI INGEGNERI DI MATERA: "Ingegneri ruolo sociale fondamentale"
“Sono passati quarant’anni da quando la terrà tremò in Irpinia e Basilicata, seminando ovunque grandi devastazioni e la disperazione per i tanti lutti che decimarono le popolazioni di quei paesi.
Sebbene la macchina della ricostruzione abbia accumulato, in tutti questi anni, un ritardo imperdonabile e – in diversi casi – ormai incolmabile, non possiamo dimenticare il ruolo sociale che la nostra categoria professionale ha rappresentato in tutte le piccole comunità della Basilicata. Con la loro attività di progettazione per la ricostruzione del patrimonio abitativo locale, gli ingegneri lucani hanno impresso orientamento e fiducia verso le famiglie della regione, spesso verso amici e parenti in preda allo sconforto; con il loro lavoro gli ingegneri, in tutti questi anni, hanno rappresentato il prezioso collegamento tra il dramma del sisma e il ritorno alla normalità quotidiana. Certo questa esperienza, spesso commovente, è stata una scuola fondamentale per la preparazione dei nostri ingegneri, ma occorre sottolineare quanto questa categoria professionale trovi un connaturato motivo d’esistere proprio al servizio delle persone, delle loro famiglie, e delle attività amministrative ed economiche del proprio territorio.
Oggi la figura dell’ingegnere rappresenta più che mai l’avamposto tecnico e, soprattutto, culturale, affinché una comunità locale – grazie anche all’evoluzione dei dispositivi legislativi, come in Basilicata è certamente avvenuto, anche molto di recente – aspiri ad una sempre più corretta applicazione dei moderni principi costruttivi, ad una razionale gestione delle risorse del territorio, e alla migliore assicurazione che le storie di morte e distruzione, come quella del 1980, non abbiano più a ripetersi”.
LUCA BRAIA, CONSIGLIERE REGIONALE E CAPOGRUPPO ITALIA VIVA: "La memoria non smetta di alimentare mai il nostro futuro e quello delle giovani generazioni. Lavorare per farsi sempre trovare pronti"
“Paura, senso dell'unità, coraggio, ripartenza. Quarant'anni fa la paura immensa ci pervase e dopo novanta lunghissimi secondi tutto sembrava distrutto in un’area di 17mila chilometri quadrati, dall'Irpinia al Vulture. 490 comuni con crolli, danni e gravi lesioni, due regioni (Basilicata e Campania), 2.914 vittime, 8.848.feriti e 394mila sfollati. Credevamo che il mondo fosse finito ma, da quel momento, possiamo dire sia nata, anzi rinata, una Basilicata più forte e più solida, anche se non completamente se parliamo di occupazione, di sviluppo, problemi che ancora oggi ci affliggono.
In quelle giornate frenetiche e terribili ci fu una straordinaria manifestazione di solidarietà nazionale e di unità tra i popoli delle due regioni sventrate nel cuore dell’Appennino e uno sforzo straordinario degli enti locali, del volontariato, dei sindacati, di un Consiglio Regionale in cui maggioranza e opposizione lavorarono compatti, del Governo con i suoi aiuti. Soprattutto di quella che poi divenne la Protezione Civile, modello italiano divenuto esempio nel mondo, così come il rapporto con geologi e sismologi per la rete sismica nazionale. Tutto prese vita proprio da quella emergenza grazie al gestore eccezionale della crisi che fu Vincenzo Zamberletti, in cui si incarnarono le doti di massimo rigore nello svolgere il ruolo istituzionale, ma anche una grande passione e immensa competenza.”
“La cultura della prevenzione del rischio è ciò su cui ancora abbiamo molto da lavorare - prosegue il consigliere Braia. Non si potranno mai completamente prevedere i terremoti, ma prevenire e ridurre i danni potenziali è non solo possibile ma doveroso. La Pubblica Amministrazione deve avere per l'azione anche di programmazione ordinaria un maggior numero di esperti e professionisti in organico (geologi, ingegneri ecc.), vanno definiti ovunque i Piani di Emergenza perché si possa sempre “farsi trovare pronti”.
Che sia il terremoto, l'alluvione, o altre calamità o l'attuale pandemia, la nostra terra non ha ancora sanato tutte le sue fragilità che erano evidenti allora e che purtroppo ancora oggi esistono. Dal terremoto nacque in Basilicata anche l'Università e si ebbero ingenti risorse per la ricostruzione dallo stato non tutte ben utilizzate. Questo sia da monito anche per la attuale ripartenza post emergenza covid, perché occorre ricostruire anche questa volta una comunità più responsabile, più solidale, più resiliente, con le giovani generazioni, che devono tornare a sporcarsi le mani, nella loro terra, con i professionisti che possono dare in ogni settore il loro contributo.
Recuperiamo, oggi come allora, il senso dell'unità e coraggio, seppure accerchiati dal nemico invisibile covid e con presupposti di paura differenti, che si allargano a un livello globale. Per la grande criticità sociale, economica, di territorio, in atto, occorre fare in fretta, fare presto, con la consapevolezza, ancora una volta, che nulla sarà come prima.
Con orgoglio e resilienza questi 40 anni ci hanno visto affrontare situazioni estremamente complesse a testa alta. Atteggiamento, sono certo, che continuerà a guidare le nostre azioni. Al posto del timore di non uscire da queste situazioni dove la piccolezza e la fragilità dell'uomo terrorizzano, deve trovare maggior spazio il coraggio, la condivisione di valori, una ripartenza unitaria che deve spingerci a creare un nuovo e migliore futuro.
Nel post terremoto, con la ricostruzione e le sue svariate vicissitudini abbiamo ripristinato case ma non abbiamo creato le condizioni perché tutti i giovani trovassero lavoro in questa terra e rimanessero ad abitarvi. In una Basilicata moderna che, con il contributo della intera collettività e della resilienza di questa nostra comunità, è arrivata alla designazione di Matera Capitale Europea della cultura per il 2019, lasciando nell'ultimo decennio segni indelebili, riconosciuti dal mondo intero e che ci porteremo dietro nei giorni a venire, rischiamo di nuovo di non essere capaci di dare loro speranze per il domani loro e delle loro famiglie in questa terra.
Come ascoltato da Papa Francesco nel suo messaggio ai giovani per l'Incontro internazionale “Economy of Francesco - Papa Francesco e i giovani da tutto il mondo per l'economia di domani” condivido e ritengo che proprio i nostri giovani debbano diventare protagonisti di questo tempo. La politica lucana, gli amministratori, le istituzioni accolgano loro progettualità e idee, la creatività, nel rispetto della natura e dell'ambiente ma anche nel pieno rispetto della persona.
“Cari giovani, un futuro imprevedibile è già in gestazione; ciascuno di voi, a partire dal posto in cui opera e decide, può fare molto; non scegliete le scorciatoie, che seducono e vi impediscono di mescolarvi per essere lievito lì dove vi trovate (cfr Lc 13,20-21). Niente scorciatoie, lievito, sporcarsi le mani. Passata la crisi sanitaria che stiamo attraversando, la peggiore reazione sarebbe di cadere ancora di più in un febbrile consumismo e in nuove forme di autoprotezione egoistica. Non dimenticatevi, da una crisi mai si esce uguali: usciamo meglio o peggio. Facciamo crescere ciò che è buono, cogliamo l'opportunità e mettiamoci tutti al servizio del bene comune.”
Il coraggio con cui la nostra generazione affrontò e provò a risanare una “guerra” - conclude Luca Braia - nei diversi comuni più o meno pesantemente colpiti, è lo stesso con cui dobbiamo dobbiamo affrontare e vincere la sfida della ripresa dall’emergenza causata dal virus. La forza trovata in passato sia monito e guida anche del nostro prossimo futuro.”
TOMMASO COVIELLO, CONSIGLIERE REGIONALE CAPOGRUPPO LEGA: "Evento drammatico divenuto uno spartiacque"
“Gli effetti del sisma del 23 novembre 1980, su un'area di 20 mila chilometri quadrati a ridosso tra Basilicata e Campania, furono devastanti: 2.630 vittime, migliaia di feriti, 36 Comuni gravemente danneggiati e circa 123 mila persone dell'entroterra lucano e dell'Irpinia persero la casa e i ricordi della loro vita”.
“Un'immane tragedia – sottolinea Coviello - che si era abbattutta su alcune popolazioni che storicamente vivevano palesi condizioni di arretratezza. La sera del 23 novembre del 1980 sono state scosse anche le coscienze sulla questione meridionale sollevata anni addietro da Nitti a Gianturco, illustri meridionalisti lucani: mancanza di servizi, mancanza di infrastrutture, mancanza di concrete opportunità di sviluppo e di occupazione, mancanza di futuro”.
“Questo drammatico evento – continua Coviello - è uno spartiacque: a quarant'annni dal sisma è cambiata la società, è cambiata la Basilicata ed è cambiato il modo di affrontare le emergenze successive come in Molise, in Abruzzo o in Emilia Romagna. L'Università degli Studi della Basilicata è stato uno dei più grandi interventi in terra lucana dal post sisma ad oggi e la futura istituzione della Facoltà di medicina è un tassello fondamentale per potenziare l'offerta di un Ateneo figlio della Legge 219, istituito tra non poche perplessità e che ha contribuito alla formazione di intere generazioni. Lo stabilimento automobilistico di Melfi – aggiunge l’esponente della Lega - rappresenta un'opportunità che, ad oggi, ha permesso all'area Nord della Basilicata un notevole sviluppo economico ed occupazionale. Cesare Romiti, decise di concentrare gli investimenti nella Basilicata post sismica e fu oggetto di critiche: attualmente la Fiat parla anche lucano e per noi è motivo di orgoglio”.“Permangono – afferma Coviello - le storiche difficoltà che esulano dalla Basilicata per abbracciare il Mezzogiorno. Molto è stato fatto per mitigare quel senso di arretratezza e per rispondere alle esigenze del territorio, anche grazie al sisma del 1980. Le emergenze insegnano che, dopo un periodo difficile, è fisiologica una fase di florido sviluppo e di crescita. E’ quello che auspichiamo, non solo per la Basilicata, a seguito della pandemia da Covid-19. Di primaria importanza – conclude - sarà l'impulso del Governo centrale e l'azione delle amministrazioni regionali, con investimenti mirati e strategici, ponderati e ambiziosi, affinché come nel 1980, il 2020 possa rappresentare un ulteriore impulso per la crescita e lo sviluppo della Basilicata e del Mezzogiorno”.
CICALA, PRESIDENTE CONSIGLIO REGIONALE: "Quel triste momento ci dà oggi una grande testimonianza di quanto le azioni concrete di solidarietà, di speranza e vicinanza possono fare cose grandi"
“Sono trascorsi esattamente 40 anni da quando alle ore 19.34 di quella terribile domenica del 23 novembre 1980, la nostra regione, insieme alla Campania, venne colpita da un terremoto di magnitudo 6,9 e del X grado della scala Mercalli. Seguirono momenti di disperazione, sconcerto, sgomento ma soprattutto di dolore per quanti persero la vita. Madri, padri, figli, nonni di questa terra di Basilicata.
Come Consiglio Regionale ritengo doveroso ricordare quel momento perché quella data farà per sempre parte della storia di ogni cittadino di Basilicata. Ed è per questo motivo che abbiamo inteso avviare una campagna di comunicazione istituzionale che interessa tutti e 131 i comuni della nostra regione.
Tanti furono i messaggi e le azioni concrete di solidarietà che arrivarono al popolo lucano.
Penso alla visita di Papa Giovanni Paolo II, alla solidarietà concreta ricevuta dalla regione Trentino Alto Adige e alla decisione di uno dei più grandi gruppi industriali alimentari italiani di insediarsi in Basilicata. Cosi come il duro lavoro di tutte le forze dell’ordine e ai Vigili del Fuoco che che per primi prestarono aiuto.
Grande fu l’attenzione di tutto il nostro paese. L’allora Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, due giorni dopo dalla scossa, si recò in elicottero sui luoghi di quella terribile tragedia. Di ritorno, il Presidente Pertini, in un accorato discorso in televisione all’intero paese, nel denunciare il ritardo dei soccorsi, riuscì a smuovere la solidarietà di tanti volontari che accorsero da ogni dove.
Il Presidente Pertini concluse quel suo discorso con una frase che oggi voglio condividere con tutti quanti voi e con tutti i lucani: “Il miglior modo di ricordare i morti è quello di pensare ai vivi”
La speranza e la solidarietà accesero quella voglia di ripartire di quei territori e popoli che ancora oggi portano indelebile il triste ricordo di quella domenica.
Quel triste momento, però, ci da oggi una grande testimonianza di quanto le azioni concrete di solidarietà, di speranza e vicinanza possono fare così grandi. Ed è di speranza, solidarietà e vicinanza che il nostro popolo ha bisogno anche oggi a causa di questo momento di incertezza e di inquietudine che stiamo vivendo legato alla pandemia da Covid-19.
E’ dal coraggio e dalla responsabilità delle nostre azioni che un paese può rimettersi in piedi e proseguire il suo percorso di crescita ritrovando i suoi valori”.
PASQUALE CARIELLO, CONSIGLIERE REGIONALE LEGA: "Ad imperitura memoria"
“Era il 23 novembre 1980. Alle 19.34 la terrà tremò. E quel giorno è rimasto impresso nella memoria di chi quella tragedia l’ha vissuta. Sono passati 40 anni da quello che è stato il terremoto più violento mai registrato in Italia nel secondo dopoguerra. Un sisma di magnitudo 6.9 che durò ben 90 secondi e uccise circa 3.000 persone, provocando oltre 8.000 feriti e circa 300mila senzatetto. Una catastrofe”.
E’ la lucida disamina del consigliere regionale della Lega, Pasquale Cariello, che ricorda quel tragico 23 novembre del 1980.
“L’Irpinia, la Basilicata, la Campania e una parte della provincia di Foggia – continua Cariello - hanno avuto danni enormi e interi paesi sono stati rasi al suolo. I Comuni della nostra regione riportarono danni, ma fra i paesi lucani che hanno pagato il prezzo più alto c’è Balvano, simbolo della tragedia in Basilicata, dove morirono 77 persone, per lo più ragazzi e bambini, vittime del crollo della Chiesa Madre. Sono stati momenti duri colmi di dolore e tristezza”.
“Nelle parole di chi ha vissuto quella tragedia ci sono ancora ferite aperte. Lo percepisco – sottolinea Cariello - dai racconti che mi capita di ascoltare da chi, quel giorno, non lo dimentica e spesso lo rievoca con gli occhi lucidi. Oggi possiamo solo ricordare quello che è successo e custodirlo nella nostra memoria sperando che in futuro non accadano né qui, né altrove, simili tragedie. I lucani sono un popolo coraggioso, in grado di ricominciare dalla fine così come hanno fatto quarant’anni fa. Questa sera, alle ore 19,34, ovunque ci troviamo – è l’invito di Cariello - fermiamoci un attimo e osserviamo un minuto di silenzio per rendere omaggio a tutte le vittime”.
ROBERTO CIFARELLI, CONSIGLIERE REGIONALE CAPOGRUPPO PD: "Il miglior modo per ricordare i morti del terremoto del 1980 o della pandemia del 2020 è quello di lavorare al meglio a favore dei vivi"
“Per noi lucani il 23 novembre non potrà mai essere un giorno qualunque. Quella terribile domenica di quarant’anni fa rimane scolpita nella memoria di ognuno di noi. E’ una di quelle giornate di cui ricordiamo esattamente cosa facevamo a quell’ora. Esattamente come il 23 novembre 2003 con la marcia dei centomila contro la realizzazione del deposito di scorie nucleare a Scanzano Jonico, altra data indelebile che ha forgiato l’identità di una regione. In questa occasione però, voglio uscire dalla retorica di questi giorni. E lo faccio riportando una intervista rilasciata dieci anni fa dall’allora consigliere regionale Vincenzo Viti, testimone e protagonista di quelle tragiche giornate. Viti ci riporta la grande solidarietà ricevuta da parte di tutta Italia, l’impegno della nascente protezione civile guidata allora dall’On. Zamberletti, ma soprattutto, ricorda il grande sforzo unitario profuso dal Consiglio Regionale dell’epoca, il lavoro portato avanti in modo compatto e condiviso dalla maggioranza e dalla minoranza rappresentata dai consiglieri Calice, Collarino e Schettini”.
“Questa è la lezione che oggi dovremmo trarre da quella drammatica esperienza. In queste giornate difficili di pandemia dovremmo seguire quell’esempio di alto senso delle Istituzioni al di là dei colori politici di ognuno. Oggi come allora solo l’ unità istituzionale e la programmazione condivisa potranno creare le condizioni per una Basilicata del 2030 più coesa e più moderna. Nel corso degli anni, lo Stato ha stanziato circa 30 miliardi di euro destinati alla ricostruzione e allo sviluppo industriale delle aree colpite dal sisma. In Basilicata è stato ricostruito il 90 per cento delle abitazioni private con un finanziamento complessivo di circa 2,5 miliardi di euro (circa 4.840 miliardi di vecchie lire). Gli interventi programmati per la realizzazione di infrastrutture e zone industriali ha visto la Basilicata interessata con sette aree, fra queste ricordiamo San Nicola di Melfi, Balvano, Valle di Vitalba e Tito, e l’insediamento di una serie di attività imprenditoriali che con il tempo hanno avuto alterne fortune”.
“A testimonianza di quanto fatto allora e nonostante i ‘chiaroscuri’ amministrativi che la cronaca ci ha raccontato, ritroviamo gli esempi virtuosi degli insediamenti produttivi della Ferrero a Balvano e dei tanti piccoli imprenditori locali che sulla scia di quanto realizzato hanno acquisito con il passare degli anni una matura e innovativa cultura di impresa. Oggi, nel continuare il parallelismo tra terremoto e pandemia, con le misure messe in campo dall’Unione Europea, Recovery Fund e Programmazione 2021-2027, la nostra regione avrà una disponibilità finanziaria di gran lunga superiore. Per questo occorre ancora di più dare centralità ad una attività pianificatoria che veda coinvolte tutte le forze politiche, le rappresentanze datoriali e sociali ed il territorio nel suo complesso”.
“Per onestà intellettuale dobbiamo ammettere che finora non abbiamo visto né unità istituzionale, né tantomeno programmazione condivisa dai diversi soggetti politici e sociali. Sarà bene cambiare atteggiamento, se no, nei confronti dei lucani di domani, saremo moralmente responsabili di quanto oggi non abbiamo fatto. Il miglior modo per ricordare i morti del terremoto del 1980 o della pandemia del 2020 è quello di lavorare al meglio a favore dei vivi”.
GIANNI LEGGIERI, CONSIGLIERE REGIONALE M5S: "Se ieri sono state rimosse le macerie del terremoto, oggi vanno rimosse le macerie di una crisi sanitaria, economica e sociale. Lo dobbiamo alle giovani generazioni"
“Il 23 novembre 1980 rappresenta una data simbolo e spartiacque per la Basilicata. Quarant’anni fa la nostra regione e l’Irpinia venivano sconvolte da un fenomeno naturale che avrebbe avuto conseguenze sociali ed economiche su diverse generazioni. I novanta secondi che segnarono l’esistenza di noi lucani hanno portato, alle 19.34 del 23 novembre del 1980, morte e distruzione. Hanno infranto sogni e aspettative di migliaia di persone. Ma dimostrarono pure al mondo intero quanto grande è stato il cuore degli italiani, subito impegnati a sostenerci, nei modi più diversi. Volontari da tutta Italia hanno raggiunto la Basilicata per rimuovere le macerie, sotto le quali centinaia di nostri corregionali hanno perso la vita. Esistenze soppresse sotto il peso di quanto di più caro possa esistere: la propria casa”.
“Le immagini che giunsero volta per volta, senza l’immediatezza dei mezzi di comunicazione oggi a disposizione, da Bella, Brienza, Castelgrande, Muro Lucano, Pescopagano, Potenza, Ruvo del Monte, Vietri di Potenza, Rionero in Vulture e Melfi sono indimenticabili. A Balvano, comune duramente colpito, comune martire potremmo definirlo, il terremoto è stato proditorio: ha colto di sorpresa i fedeli che affollavano la Chiesa di S. Maria Assunta. Il sisma non guarda in faccia a nessuno. Non fa sconti. Perirono nel crollo della Chiesa di Balvano ben 77 persone. Tra questi 66 tra bambini e ragazzini che non devono essere mai dimenticati. Ricordo ancora quel 23 novembre di 40 anni fa: avevo nove anni e mi trovavo con i miei genitori a Venosa. Un inizio di domenica sera spensierato, tra gli affetti familiari; ci facevano compagnia le immagini dei gol di una giornata del campionato di calcio appena concluso. Ricordo perfettamente gli sguardi spaventati delle tante persone accorse in strada subito dopo i novanta secondi di movimento tellurico. Tanti bambini piangevano. Tanti altri, che non si resero conto di cosa fosse successo, apparivano come statue in braccio ai loro genitori o ai loro parenti. Anche il centro storico di Venosa venne ferito”.
“Tutti, però cercarono di aiutarsi gli uni con gli altri. Le forze dell’ordine (Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza), i militari dell’Esercito, medi ed operatori sanitari si lanciarono nei soccorsi senza risparmiarsi un attimo. Il titolo del ‘Mattino’ di Napoli – FATE PRESTO - con caratteri enormi in prima pagina è rimasto nella storia del giornalismo italiano. Invocava aiuti tempestivi in favore di popolazioni che avrebbero iniziato a trascorrere molti inverni di tristezza e abbandono. Indicava con semplicità il verificarsi di una catastrofe per il Sud e l’Italia intera. Come dicevo, il 23 novembre 1980, ha rappresentato una data simbolica in cui l’orgoglio nazionale è stato sfoderato senza tentennamenti. Gli italiani si sono sentiti in quella tragica occasione uniti da un forte sentimento di appartenenza. I volontari giunti dal Trentino Alto Adige e dal Nord Italia per allestire ospedali da campo e altre strutture di primo soccorso sono ancora nelle menti e nei cuori dei nostri corregionali. La data del terremoto di 40 anni fa ha messo alla prova anche la Regione, istituzione nata dieci anni prima. Il sisma è stato quasi un battesimo del fuoco per saggiare capacità organizzative e di raccordo con lo Stato centrale, che deve essere sempre considerato il migliore alleato – direi un padre benevolo, che non deve, quando occorre, far mancare anche la giusta dose di severità – delle Regioni”.
“La tragedia del terremoto del 1980 ha insegnato tanto. Purtroppo, ha dimostrato sotto certi versi l’aspetto peggiore della politica. La lenta e lunga ricostruzione per anni ha fatto vedere quanto siano incapaci e voraci certe classi politiche. Per decenni le popolazioni rimaste senza casa sono state costrette a vivere in alloggi neppure degni di questo nome. L’esempio del quartiere Bucaletto, a Potenza, è sotto gli occhi di tutti. Una classe politica spregiudicata e senza scrupoli ha approfittato delle macerie del sisma per costruire solo interessi e carriere personali. Per svuotare il Sud, la Basilicata e i nostri centri delle energie migliori. Un dramma nel dramma che ha alimentato la fama di un Mezzogiorno sprecone e incapace di camminare sulle proprie gambe. Non addossiamo però colpe alla popolazione. In quel contesto, come lupi famelici, anche se non sono mancati esempi positivi, alcuni politici che dovevano guidare il proprio popolo si sono avventati sulle risorse statali. Hanno fatto perdere importanti occasioni di sviluppo per tutti, hanno provocato una nuova ondata di emigrazione. Un altro periodo di umiliazione per il Sud Italia e la Basilicata. Hanno consentito qualche anno più tardi ad alcuni esponenti politici di fare la propria fortuna politica etichettando una parte del Paese e vedendola non come parte integrante dello Stato italiano, ma quasi come una zavorra. Qualche esponente politico ha voluto intaccare il concetto di Nazione, mettendolo in discussione. Questa, a mio avviso, l’amarezza maggiore. Una delle eredità più tristi dei fatti di 40 anni fa”.
“Oggi, come ieri l’Italia sta affrontando un altro momento delicato, che avrà strascichi sulle nuove generazioni, sui nostri studenti ai quali va sempre un mio pensiero affettuoso. Non possiamo però farci travolgere dal pessimismo. L’emergenza sanitaria in corso richiede collaborazione tra le forze politiche, concordia e limpidezza nelle scelte che si andranno a fare. Nessuno deve sentirsi superiore all’altro. Dobbiamo saper cogliere questa sfida perché la storia non fa sconti. Se ieri sono state rimosse le macerie del terremoto, oggi vanno rimosse le macerie di una crisi sanitaria, economica e sociale. Lo dobbiamo alle giovani generazioni. Lo dobbiamo ai nostri amati anziani, che continuano ad abitare i nostri borghi e che sono l’esempio vivente di una Basilicata resiliente. Come le colonne dell’Incompiuta della mia Venosa”.
ANGELO SUMMA, CGIL BASILICATA: “Oggi come allora dare risposte per arginare la perdita di posti di lavoro e garantire la tenuta del tessuto sociale duramente messo alla prova”
“Sono passati ormai quarant’anni dal sisma che la sera del 23 novembre 1980 ha stravolto la vita di intere popolazioni, segnando definitivamente la storia dei territori colpiti e lasciando profonde cicatrici nella memoria collettiva. Mai come nel particolare momento storico che stiamo vivendo questa triste ricorrenza si addensa di significati e stimola riflessioni nelle quali, per dirla con le parole del famoso storico Dal Pane, la storia è un mezzo per conoscere il passato, comprendere il presente e programmare il futuro”. Così il segretario generale della Cgil Basilicata, Angelo Summa, nel rimarcare il ruolo del sindacato durante e dopo il grave evento sismico che colpì la Basilicata 40 anni fa, lasciando sui territori un costo enorme: tremila morti, più di ottomila feriti e 300mila senzatetto, intere aree produttive rase al suolo e città e paesi scomparsi.
“Il sindacato, allora unito nella Federazione unitaria – ricorda Summa – si trovò ad affrontare una grande sfida. La ripartenza delle zone terremotate fu affidata a strumenti che, seppur fra le tante farraginosità, scandali e inefficienze, ebbero un impatto positivo duraturo. Prima di tutto la creazione della Protezione Civile, un modello che in Europa ci viene invidiato, che costruisce un reale rapporto di collaborazione fra Stato, Regioni ed Enti locali, poi l’istituzione dell’Università della Basilicata il 27 aprile 1982. La sola presenza del polo universitario e della sua occupazione, che arriva a 604 unità considerando anche il personale tecnico-amministrativo, genera un impatto diretto annuale sull’economia superiore a 60 milioni di euro, attivando una produzione indotta sul sistema economico pari a 180 milioni; complessivamente tale produzione attiva un impiego di altre 550 unità di lavoro indotte”.
Anche la legge 219/1981, creata ad hoc per la ricostruzione delle zone colpite dal sisma, “pur fra le tante distorsioni generate – spiega Summa – ebbe un peso per la ricostruzione. In Basilicata vennero spesi circa 3.700 miliardi di vecchie lire. L'opera di recupero del patrimonio edilizio, sia pure tra ritardi e lentezze e con tempi diversi da provincia a provincia, è stata quasi ultimata sia in Campania che in Basilicata, al netto della soluzione abitativa ancora da dare a circa 350 residenti del Bucaletto a Potenza. La parte della legge dedicata alle attività produttive è andata più a rilento, ma ha comunque garantito risultati non disprezzabili. In base ai dati della Corte dei Conti sono stati spesi per le attività produttive circa 500 milioni di lire a favore di 137 imprese, di cui 52 sono entrate definitivamente in funzione. Fra queste – aggiunge il segretario della Cgil - vi sono realtà produttive fondamentali, come la Ferrero di Balvano, per una occupazione complessivamente attivata di circa 3.400 addetti diretti ed indiretti. A ciò va aggiunto il finanziamento per la creazione ed infrastrutturazione le nuove aree industriali. Sono state finanziate le aree ASI di Baragiano, Tito, Vitalba, Isca, Viggiano, Melfi, Balvano e Nerico, oltre che le aree per servizi di Melfi, Ruoti, Atella, Potenza e Baragiano. I costi preventivati per la realizzazione dell’intero programma di infrastrutturazione da realizzarsi in Basilicata, 396 milioni di euro lievitati successivamente a circa 600 milioni, ha consentito di infrastrutturare e potenziare otto aree industriali consortili, di realizzare importanti opere infrastrutturali (Ofantina, collegamenti delle aree industriali di Balvano/Baragiano con la Basentana, Isca-Polla, invaso di Pignola, lavori idrici a Melfi)”.
Determinante fu il ruolo del sindacato. “I documenti conservati nell’archivio della CGIL Basilicata – precisa Summa - ci restituiscono il ruolo che seppe rivestire nei tragici giorni dopo il sisma e nella complessa fase della ricostruzione. Mobilitando a pieno tutte le sue strutture il sindacato riuscì ad articolare la sua azione su diversi piani. Sul piano politico immediata fu la denuncia, anche sui principali organi di stampa nazionali, dei ritardi nei soccorsi e soprattutto dell’assenza di un coordinamento da parte delle autorità preposte alla programmazione e alla pianificazione degli interventi, accompagnata anche da proposte concrete. Il totale impegno nella fase emergenziale, caratterizzata dalla necessità di accorciare i tempi il più possibile e da un’elevata complessità gestionale, non distolse però il sindacato dal suo scopo genetico, ovvero la tutela del lavoro, in un quadro dove il lavoro non c’era più”.
Summa ricorda come i segretari confederali lanciarono allora la proposta di un servizio del lavoro, con lo scopo di impiegare disoccupati e giovani momentaneamente inoccupati nella rimozione delle macerie e nel successivo ripristino delle abitazioni e delle strutture produttive, impegnandosi nella compilazione di liste comunali. Proposero inoltre la predisposizione “di un progetto di emergenza di riassetto idro-geologico-forestale” allo scopo di impiegare migliaia di lavoratori forestali. Aprirono, infine, un tavolo ministeriale per favorire l’attivazione della Cassa integrazione guadagni per circa 23.000 lavoratori sfollati. Il centro Unitario Patronati si mise al servizio delle popolazioni terremotate, offrendo loro aiuto per la corretta compilazione e presentazione delle domande necessarie per ottenere le provvidenze. Si organizzarono unità mobili su pulmini in grado di raggiungere anche centri abitati più piccoli.
“Ma la partita più grande delle istituzioni nazionali e locali e delle parti sociali – dichiara il leader della Cgil - era la ricostruzione post sisma. La sfida post terremoto è stata uscire dall’emergenza e avviare la fase della ricostruzione, ma farlo con un chiaro programma di sviluppo e di crescita che rendesse la ricostruzione una reale occasione per affrontare definitivamente il ricorrente tema delle aree interne, da sempre parte più debole del tessuto produttivo e sociale lucano, superare gli squilibri tra queste e le fasce costiere, favoriti anche dalla scelta dei poli di sviluppo perseguita dalle politiche straordinarie per il Mezzogiorno, e promuovere finalmente un processo di riassetto territoriale. È però ormai storia nota come la ricostruzione si è tradotta nella più grande occasione sprecata dei territori coinvolti. Il sindacato non poté fare altro che denunciare tutto ciò, come dimostrano oggi manifesti, comunicati stampa e documenti conservati nel nostro archivio.
Oggi, ricostruendo attraverso le testimonianze documentali le vicende di quarant’anni fa – conclude Summa - la domanda che ci poniamo al cospetto di questa difficile sfida sanitaria e sociale è se sapremo vincere la complessa partita che si profila davanti a noi. Ora come allora alla fase di denuncia dei ritardi e delle inefficienze del sistema sanitario regionale nella gestione dei tamponi, dei tracciamenti e della riorganizzazione della rete territoriale ed ospedaliera per reggere l’urto dell’epidemia, alle necessarie risposte da mettere in campo per arginare la perdita di posti di lavoro e attivare adeguate misure di sostegno per quanti lo perderanno, dovrà seguire una fase di ricostruzione delle strutture economiche, ma soprattutto del tessuto sociale duramente messo alla prova. Sarà questa la vera sfida e non potremo mancarla”.
FRANCESCO SOMMA, PRESIDENTE CONFINDUSTRIA BASILICATA: "Ripartiamo dall'industria"
La ripartenza dopo le macerie: quarant’anni dopo, seppure con le dovute differenze, la storia ci mette di fronte alla stessa sfida. Oggi come allora siamo chiamati a uno sforzo corale di responsabilità e coraggio per una compiuta ricostruzione. Con una complicazione aggiuntiva data dall’innegabile aumento, in questi anni, delle disparità territoriali. Si tratta di uno dei più evidenti effetti della scarsa capacità di gestire la ripartenza post trauma non solo come disponibilità immediata di cassa, ma piuttosto come occasione di investimenti per ricadute curative e non soltanto lenitive. Una mancanza di adeguata visione strategica che negli anni ci ha esposto a fragilità crescenti.
I dati lo dicono in maniera inequivocabile: l’inizio del processo di progressivo spopolamento nelle aree interne della nostra Regione affonda le radici proprio nella mancanza di una risposta adeguata e tempestiva, in termini di ripartenza e di prospettive di sviluppo per i territori. Ne sono derivati i più grandi problemi a cui ora siamo chiamati a dare risposta: scarsa capacità competitiva complessiva del sistema, bassa qualità dei servizi territoriali, fenomeni migratori e spopolamento, marginalità delle aree interne.
Fenomeni successivamente acuiti dalla diversa capacità dei territori italiani di assorbire le conseguenze delle profonde crisi che ci sono state a partire dal 2008. L’emergenza Covid 19 ha dato la “batosta finale” contribuendo ad allargare la forbice tra Nord e Sud del Paese.
La fotografia che emerge dai dati resi disponibili nei giorni scorsi dalla Banca d’Italia rende conto degli impatti significativi della pandemia sull’economia regionale.
Tutto questo ci conduce oggi a una scelta non più solo auspicabile ma necessaria: imboccare la strada della discontinuità, traendo dagli errori del passato la più preziosa lezione per imprimere un altro corso alla nostra Storia.
Proprio dalla ricostruzione del post sisma arriva l’indicazione per la via maestra: al netto degli errori, degli sperperi e anche delle casistiche fraudolente che pure non sono mancate, le realtà industriali frutto degli investimenti agevolati di quegli anni sono ancora oggi i pilastri della tenuta economica e sociale della nostra regione. Sono questi i motori più potenti da azionare per la ripartenza.
Il Sud e la Basilicata devono tornare a essere protagonisti di una nuova politica industriale. All’interno di una visione complessiva nazionale che riconosca nel definitivo superamento dello storico divario territoriale italiano una priorità assoluta non solo del Mezzogiorno ma dell’intero Paese.
A meno di sciagurate complicazioni dei framework finanziari sovranazionali, le risorse si annunciano significative e congrue, tanto a livello di strumenti di intervento ad hoc messi in campo, quanto con riferimento ai cicli di intervento comunitario, completando l’attuazione per quello in corso e per il sessennio 2021-2027, cercando di non scollinare troppo nella definizione di quello prossimo.
Ripartire dunque da cosa? Innanzitutto da un’impostazione che previlegi nell’allocazione delle risorse quelle destinate agli investimenti nei settori strategici che, per quanto ci riguarda, sono infrastrutture e opere pubbliche, interventi di messa insicurezza del territorio, ma anche sostegno agli investimenti produttivi e alla transizione energetica, trasformazione digitale, innovazione e formazione.
Ci auguriamo, poi, di essere ormai alla vigilia della concreta partenza della Zona economica speciale Jonica, dopo le indiscrezioni circa l’imminente nomina del commissario e dopo l’annuncio da parte dell’assessore Cupparo dell’istituzione della Zona franca regionale a Ferrandina oggi, e presto anche in provincia di Potenza. Parte da qui una sfida incredibile per la nostra Basilicata e per il rafforzamento del nostro tessuto produttivo. Sappiamo che sono stati già palesati gli interessi di importanti investitori. Dobbiamo però riconoscere con grande franchezza che senza garantire una dotazione infrastrutturale adeguata saremo destinati a perdere almeno una parte del treno di opportunità in corsa.
Per l’effettiva ripartenza è poi necessario rafforzare variabili di contesto e tra queste inserisco innanzitutto la necessità di procedere con rinnovato coraggio e speditezza alla semplificazione normativa ed amministrativa, hic et nunc.
C’è un problema di execution nel nostro Paese e quindi anche in Basilicata, accanto ad un sentimento che non è sempre benevolo rispetto allo svolgimento delle attività produttive, specie di natura industriale. Se ne prenda atto una volta per tutte e si scelga da che parte stare: tra gli attori dello sviluppo economico o dalla parte di chi vagheggia improbabili sorti magnifiche e progressive imperniate su direttrici quantomeno stravaganti.
Una classe dirigente, nella sua accezione più lata, all’altezza dei tempi è assolutamente necessaria e quindi per quanto possibile la si reperisca, ove non bastevole nei numeri e nelle competenze, e la si metta in campo, in un’ottica di servizio civile.
Ma la questione non è tanto la effettiva disponibilità di risorse come rivela il dato relativo alla capacità, o meglio, incapacità di spese delle risorse comunitarie. Il vero nodo è utilizzare tali risorse in discontinuità rispetto agli errori del passato; mettere un argine alla spesa improduttiva, agli interventi di natura meramente assistenziale, alle scelte orientate esclusivamente al mantenimento del consenso elettorale o alla difesa di rendite di posizione da parte degli attori economici e sociali.
In conclusione, occorre uno sforzo corale di responsabilità e coraggio che ci consenta di transitare dalla zona di confort del sufficiente all’ambizione dell’ottimo.
Questo potrà avvenire alla condizione che non ci si divida, a Potenza come a Roma, e che si privilegi il metodo della condivisione dei fini e degli strumenti frutto di un ritrovato spirito di comunità e solidarietà.