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Dossier dalla Valbasento: è attrezzato per la logistica dell’idrogeno. Appello ai politici ««Non si può ignorare la costa ionica di due regioni con un forte Pil e turismo. Ed entro il 2050 d’obbligo la decarbonizzazione. Nascerebbe a impatto zero»
È poco più di una pista. Ma l’aviosuperficie «Enrico Mattei» ha tutto per poter essere trasformata in aeroporto. Un’urgenza. Perché la Basilicata che non mette le «ali» inchioda il decollo di una grossa fetta di Sud, non solo la porzione lucana. Ed è per questo che dalla Valbasento parte un monito fortissimo affinché amministratori, enti locali, soprattutto le Regioni Basilicata e Calabria, e i parlamentari, pressino il governo di Giorgia Meloni affinché sia rimodulato il Piano nazionale aeroporti (Pna).
L’ultimo Piano Enac continua a suddividere l’Italia che vola in tredici reti (associate sostanzialmente a ciascuna regione) corrispondenti a quattro macro aree: Centro-Nord, Costa Tirrenica, Costa Adriatica e Sud Isole. Basilicata e Calabria vengono associate a Sud e Isole.
Non c’è la «Costa Ionica», come se questa zona vastissima non avesse ragione di esistere: ignorati il bacino di popolazione, il Pil, le potenzialità passeggeri con la densa presenza di turisti nei villaggi di due comprensori, quello del ionio lucano e calabrese. Eppure rispetto all’ultima edizione del Pna, quella del 2015, compaiono due nuovi aeroporti, Foggia e Forlì, in aggiunta a quelli già esistenti: nei 40 aeroporti italiani, la Basilicata e l’area dell’alto ionio calabrese non esistono. E questo perché una parte della Basilicata è associata alla rete pugliese e quindi agli aeoroporti di Bari, Taranto e Foggia, e la parte Nord Est lucana alla rete campana.
Il piano disegnato dall’Enac è valido fino al 2035 e da qualche settimana è sul tavolo di Palazzo Chigi. C’è tempo per mettere mano. E la sollevazione propositiva che sta muovendo passi a Pisticci suona come una ulotima chiamata a giocare la partita aeroporto Valbasento senza esitazioni. E soprattutto, superando steccati ideologici o di bottega partitica.
Non si parte da zero. A marzo 2021 il Consorzio industriale di Matera ha redatto uno studio di fattibilità con due ipotesi di sviluppo: aviosuperficie; aeroporto per soli charter. È un documento che si aggiunge a uno studio di fattibilità economico-finanziaria fatto nel 2015 dal Certet (Centro di economia regionale dei trasporti e del turismo dell’Università «Bocconi») nel quale è già ipotizzato il passaggio da aviosuperficie ad aeroporto. Di recente, poi, il Consorzio industriale di Matera ha stanziato un milione e 520mila per il terzo stralcio dei lavori che vanno nella direzione di strutturare lo scalo aeroportuale. Ma ci sono altri assi nella manica oltre che a far valere il rispetto del «diritto alla mobilità» anche per i lucani.
Uno esperto di «Pista Mattei» è Antonio Grieco. Ingegnere in pensione, ex funzionario del Comune di Pisticci, Grieco è stato l’uomo che per anni ha seguito l’evoluzione dell’aviosuperficie. Ha spulciato piani e documenti e suggerito osservazioni come quelle, le uniche fatte di recente, del sindaco di Pisticci, Domenico Albano.
Grieco ha affidato alla Gazzettauna lettera aperta. Si fa interprete di un sogno diffuso in Valbasento, e non solo lì, e cioè quello di vedere appunto «tutti gli enti istituzionalmente competenti, quali Regione, Provincia e Comuni, anche della vicina Calabria» impegnati a presentare «giustificate osservazioni al fine dell’inserimento nel Pna 2022 dell’aeroporto Mattei». Anche perché alle consolidate ragioni che ne giustificano l’inserimento, si aggiungono altre essenziali per il futuro.
Spiega Grieco: «Il settore aeroportuale si è dato come obiettivo la totale decarbonizzazione entro il 2050. Per rispondere a tali priorità gli aeroporti dovranno adeguare le infrastrutture per consentire agli operatori aerei l’utilizzo dei carburanti alternativi (elettrico, idrogeno, etc.). La Valbasento, è la principale area industriale della Basilicata e da sola rappresenta circa il 50% delle Zes regionali: ha tutte le caratteristiche contemplate dall’ex ministro Cingolani («hydrogen valley») in quanto presenta disponibilità di aree destinabili a produzione di energia da rinnovabili di potenzialità adeguata, contiguità con industrie in grado di esprimere una domanda di idrogeno, connessione con principali assi viari di comunicazione. Ed è ben attrezzata per la logistica dell’idrogeno come ad esempio la penetrazione ferroviaria che abilita l’arrivo di carri ferroviari bombolari. Oltre all’obiettivo della decarbonizzazione entro il 2050, il nuovo Piano Enac deve programmare le infrastrutture necessarie facendosi carico di fornire indirizzi su come soddisfare la residuale capacità di traffico al 2035 cercando di colmare il gap infrastrutturale. Pertanto - aggiunge Grieco - all’interno dei criteri fissati dal Piano Enac, il governo dovrebbe valutare ed approvare nuove infrastrutture solo in presenza di quantificabili, certi e chiari benefici ambientali per il territorio e il Paese».
Insomma, non c’è ragione per dire «no» al «Mattei» in una regione che ha diritto alla mobilità aerea e a una macroaerea (ionica) con forte Pil e turismo. Tanto più se è nel cuore di una futura valle dell’idrogeno: sarebbe a impatto zero.
Gianluigi De Vito, pubblicato su Gazzella del Mezzogiorno