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Tutto ebbe inizio quel pomeriggio del 27 novembre 2003 quando intorno alle ore 14.10 ai cittadini in protesta da 15 giorni giunse la notizia che attendevano: Scanzano non sarebbe stata (almeno per il momento) il cimitero unico delle scorie nucleari. Così le (uniche) attività produttive del territorio, agricoltura e turismo, erano salve.
In quel momento indimenticabile sul muro di confine del Campo Base di Terzo Cavone (luogo simbolo e quartier generale della protesta), è apparsa la scritta “Qui nel luogo in cui il Governo Berlusconi voleva ubicare il deposito di scorie nucleari noi costruiremo la nostra città della pace”. Da quella scritta, opera di un attivista di Terranova sul Pollino (PZ) e di altri che in 15 giorni hanno dato una mano enorme alla protesta, nasce l’idea del premio Nobel Betty Williams, amica di Scanzano e della Basilicata, di costruire proprio a Scanzano e proprio lì dove i lucani hanno messo in piedi una battaglia simbolo di amore per la propria terra, di civiltà e compostezza e di solidarietà, una città della pace.
Si colse subito la disponibilità di Betty, una donna nota al mondo per le sue battaglie civili, a sostenere il progetto cosi da costruire, al campo base ed aree limitrofe, delle attività produttive che avrebbero potuto scongiurare l’impiego delle miniere di salgemma in cui si volevano (e forse si vogliono ancora) stoccare le scorie nucleari mettendo in tal modo definitivamente in sicurezza il territorio.
Diverse furono le iniziative tenute dal 2003. La tenacia di Betty Williams e la sua continua presenza sul territorio portarono all’inizio di un percorso concreto per la realizzazione della Città della Pace iniziato con un piano di fattibilità che ha individuato le attività da svolgere nella Città della Pace. All’esito dello studio di fattibilità si optò di coinvolgere un’ampia parte del territorio con attività diffuse tra i paesi. Scanzano sarebbe stato un punto di riferimento per tutte le attività e un centro di accoglienza per i bambini e genitori rifugiati.
Nel 2009 la Regione Basilicata, i Comuni di Scanzano Jonico e Sant’Arcangelo (PZ) insieme al World Center of Compassion for Children hanno istituito la Fondazione Città della Pace per i Bambini Basilicata, testa operativa del progetto Città della pace. Dal sito internet della Fondazione (http://www.cityofpeace.it/) è possibile conoscere le sue attività e i progetti. La Fondazione ha lavorato dal 2011 per costruire nelle aree interne luoghi dove tutti, sia i membri delle comunità locali, sia chi arriva da lontano fuggendo da guerre o da persecuzioni, possano vivere in pace e contribuire alla crescita economica e culturale. Tra le attività, la Fondazione supporta i rifugiati ed i richiedenti asilo. Dal sito in home page si legge che dal 2012 sono stati accolti 612 rifugiati. Di particolare interesse è stato il modello funzionale sviluppato nel Comune di Santarcangelo.
Per quanto riguarda Scanzano, la Fondazione Città della Pace per i Bambini Basilicata non ha tenuto molte attività in attesa del termine dei lavori della struttura nei pressi di Terzo Cavone in fase di completamento.
Le attività che si dovranno svolgere anche a Scanzano sono le stesse da sempre contemplate nel piano di fattibilità iniziale e nello statuto della Fondazione di cui è membro anche il Comune. Proprio perché da sempre la destinazione dell’immobile in fase di completamento è stata (anche per Statuto della Fondazione Città della Pace per i Bambini Basilicata) l’accoglienza di famiglie di rifugiati e bambini orfani che fuggono da guerre e persecuzioni, nel 2018, il Comune di Scanzano pensò bene di proporsi ottenendo ulteriori fondi dal PON legalità – Asse VII “Accoglienza e integrazione migranti” – Azione 7.1.2. “Interventi per ospitalità dei lavoratori stagionali ed il contrasto al fenomeno del caporalato” con l’impegno d’impiegare parte della struttura con questo primo progetto che concretamente ha anche un sostegno finanziario di 2 milioni di euro. Capofila del progetto è la Regione Basilicata che acquisisce la struttura per 12 anni. Dall’ultima riunione in Prefettura a Potenza qualche settimana fa con la struttura PON legalità e Regione Basilicata sembra sia emerso che le risorse disponibili sono state incrementate fino a 5 milioni di euro. Cifra aggiornata dal Responsabile Unico di Procedimento (RUP) dovuto ad un aumento costi. Se non si riuscisse ad impegnarle, a consegnare l’opera collaudata e a renderla operativa entro il 31 dicembre 2026, le risorse andranno perse. Le prefetture di Matera e di Potenza come Autorità sono impegnate nell’attuazione dei progetti.
Le stesse risorse sono state già liberate dalla Giunta regionale per i progetti in fase di realizzazione nei comuni di Venosa, Lavello e Palazzo San Gervaso, viceversa sono bloccati ancora incomprensibilmente e senza alcuna motivazione nel luogo simbolo della protesta di Scanzano contro le scorie nucleari.
Quindi, in modo coerente, l’Amministrazione non propone nessun centro di prima accoglienza, o trasferimento di clandestini etc (come qualcuno sostiene). Non stravolge il progetto iniziale proponendo un programma del Ministero degli Interni che aiuta a realizzare attraverso il sostegno pubblico un’attività di accoglienza ed integrazione di migranti identificati che dovranno lavorare nelle nostre aziende locali, assunti regolarmente per integrarli nella comunità e contrastare il caporalato.
Il progetto si inserisce nel contesto territoriale rurale in cui la struttura è ubicata, circondato da migliaia di aziende agricole che hanno un bisogno rilevante di forza lavoro.
Tutti sappiamo quanto sia importante per le nostre imprese agricole la manodopera, in particolare per la coltivazione delle fragole, pesche, albicocche, agrumi e molto altro. Sappiamo anche che senza le braccia dei migranti, un territorio rurale come il nostro soffrirebbe molto, non riuscirebbe a completare il ciclo della produzione.
La realizzazione della misura del PON legalità porterà anche l’impiego di nuove figure professionali che collaboreranno allo sviluppo del progetto arricchendo il territorio.
Qualcuno vuole far credere che il territorio di Scanzano “sarà invaso da migranti” (Usiamo il virgolettato per estraniarci dal concetto che non ci appartiene), ma cerchiamo di capire con dati alla mano la situazione reale.
Secondo l’ISTAT, Scanzano al 1° gennaio 2021 aveva una popolazione residente di 7.470 di cui 3.739 maschi e 3.731 donne. La popolazione straniera residente 758 di cui 383 maschi e 375 donne. Quindi circa il 10% degli “scanzanesi” non è italiano. A questi andrebbero aggiunti quelli che sono presenti ma non ancora regolarizzati. Certamente il dato aumenterebbe. Tra i Comuni Lucani siamo al sesto posto rispetto alla popolazione straniera e al quarto rispetto a quella romena. Gran parte di questi lavorano nelle nostre aziende.
Diciamo dunque che a voler utilizzare le espressioni di qualcuno e di chi gli crede, siamo già “invasi”e cosa ci è successo? Nulla! Siamo vicini di casa, andiamo negli stessi bar, negli stessi supermercati e lavoriamo insieme.
Altro dato che ci deve fare riflettere è quello presente nel Piano regionale integrato per il diritto allo studio dell'anno 2010/2011 in cui l'ISTAT ha elaborato un grafico dell'andamento demografico dal 2009 al 2039 nel quale si evidenzia un forte bilancio demografico negativo (meno nascite e meno popolazione), con le gravi conseguenze che ne deriveranno soprattutto sul piano dell'istruzione e della produttività. Quindi meno bambini oggi meno scuole domani e riduzione della forza lavoro dopo domani. Questo era il concetto in sostanza!! Come fare? L’integrazione è la via d’uscita. In quei bambini che accoglieremo come nei nostri, e nelle loro famiglie, c’è il nostro futuro.
Tornando al progetto Città della Pace…Il forte legame di Betty Williams con la gente di Scanzano, ha portato il progetto della Città della Pace e il mondo a Scanzano. A Scanzano sono venuti per la Città della Pace il Dalai Lama (il Dalai Lama!!!!), il Nobel per la pace Rigoberta Menchu e Scharon Stone, che nel 2015 ha inaugurato l’abitazione per la Pace progettata dell’Architetto Mario Cucinella, per accogliere 3 famiglie di rifugiati a Terzo Cavone e per essere replicata in altri contesti. Un progetto che la stessa Stone ha ricordato qualche sera fa alla trasmissione di Rai 3 “Che tempo che fa”.
In ogni intervista e in ogni incontro ufficiale, la popolazione di Scanzano è stata elogiata per la sua bontà e come simbolo di pace e ora? Rimane una cattedrale nel deserto. È tutto fermo per paure elettorali. Solo perché qualcuno non vuole e incute paure per pericoli che non esistono facendo perdere a Scanzano un’occasione di crescita in tutti i sensi.
Non si comprende il motivo. Forse a qualcuno può anche non piace Sharon Stone.
Ma è necessario l’impegno di tutti, a partire dalla Regione Basilicata e dal Comune di Scanzano, affinché un sogno non rimanga una cattedrale nel deserto con altre conseguenze pericolose.