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E’ Carnevale, ma nessuno se ne accorge. Il Covid non lo ha risparmiato e noi questa volta, raccontando la nostra storia, torniamo indietro di diversi decenni quando nelle nostre case, durante le serate invernali del carnevale, si giocava a rompere la “Pentolaccia”.
Un rito molto atteso e sentito, piacevolissimo, simpatico e abbastanza scherzoso, che coinvolgeva a turno tutta la compagnia e terminava quando qualcuno, più fortunato, riusciva a piazzare la “mazzata” buona che mandava la pentolaccia, piena di ogni ben di Dio, in frantumi.
Son passati tanti anni, ma il ricordo di quelle serate è sempre vivo per chi le ha vissute in prima persona. A quei tempi ci si accontentava di poco per divertirsi (non c’era ancora la TV e altri svaghi) e poi bisognava riempire le serate, soprattutto quelle di un Carnevale, allora parecchio sentito, ma anche partecipato. Un evento che immancabilmente si consumava durante i festini serali, quando si programmava e ci si ritrovava a turno, a casa di qualcuno, per trascorrere insieme qualche ora di allegria, a volte accompagnati da una piccola orchestrina (allora, se ne contavano diverse nell’abitato) oppure al suono di un grammofono a cui, per farlo funzionare, ogni tanto bisognava girare una manovella per dare un po’ di… corda, per ascoltare i grandi dischi a 78 giri, targati “La voce del padrone” con le canzoni di Nilla Pizzi, Claudio Villa, Achille Togliani e tanti altri.
Evento che coinvolgeva un po’ tutti i presenti alla serata. Alcuni dei quali si candidavano a partecipare al grande gioco per riuscire a rompere quella che da noi veniva chiamata la “pignata” che prima dell’inizio del gioco veniva appesa in un punto alto del locale. In pratica si veniva bendati e provvisti di un bastone (quasi sempre un manico della scopa) e prima di usarlo, si cercava di far perdere l’orientamento girando più volte la persona preposta. Dopo il via, colpi a destra e a manca più o meno vicini o lontani dall’obiettivo, tra le grida festose e i richiami scherzosi dei presenti che il più delle volte miravano a creare confusione e a far mancare il colpo di grazia. Chi falliva, passava la mano ad altri e, prima o poi qualcuno riusciva a centrare il bersaglio e allora esplodeva tutta la soddisfazione del fortunato vincitore a cui spettava il bottino conservato nel contenitore appena mandato in frantumi.
Una simpatica parentesi di una altrettanta serata in allegria, alternata a balli, che faceva tutti contenti e, magari alla fine, già pronti a programmare un altro appuntamento alla insegna della ……pentolaccia.
Non sappiamo quanti ancora ricordano questo piacevole rito di un tempo che fu e che comunque aveva origini antichissime, e quanti ne hanno solo sentito parlare e, magari quelli delle nuove generazioni, che la parola “pentolaccia” non l’hanno mai sentita pronunciare. Colpa solo della storia e dei tempi. In continua evoluzione.
Michele Selvaggi