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Vincenza Faliero era stata l’unica nuova centenaria dell’anno in corso, di una città come la nostra che annovera sempre più ultrasecolari.
Aveva festeggiato lo scorso 8 marzo l’ambitissimo traguardo del secolo di vita, unitamente ai figli Antonietta, Michelina, Assunta e dottore Antonio, nella sua casa di via Archimede, dove in grande allegria aveva spento le cento candeline di una grande torta.
Il 5 novembre, la dipartita quasi improvvisa dopo solo qualche giorno di segnali poco rassicuranti sulla sua salute che comunque non facevano presagire una fine prossima. Nata in famiglia abbastanza agiata del tempo, aveva perso i genitori nell’arco di un anno. Cosa che la costrinse a vivere, suo malgrado, gran parte della infanzia e adolescenza, nell’Orfanotrofio S. Rocco di Terravecchia, unitamente a 3 sorelle, la maggiore delle quali morì proprio nello stesso istituto a soli 16 anni. Ricca di grande vitalità e fascinosa bellezza, come la stessa orgogliosamente più volte sottolineava, ancora giovanissima, aveva solo 16 anni, si sposò con l’imprenditore edile Cosimo Damiano Dragonetti. Famiglia allietata dalla nascita di 5 figli, di cui la secondogenita Graziella venne a mancare nel 2006.
Donna intelligente, di carattere forte e risoluto, è riuscita a superare ostacoli e contrarietà, grazie anche alla sua profonda fede nell’aiuto divino. Brava donna di casa, si è distinta in alcune sue specialità come il ricamo con la tecnica del filet, utilizzato, come ricordano i nipoti, anche per ornare camicie per la celebrazione della prima messa dei sacerdoti pisticcesi don Paolo D’Alessandro e don Amedeo Forte. Ha dedicato gran parte della sua vita alla famiglia, ma anche ai lavori agricoli in un terreno in località Coppo, ereditato dai propri genitori, dedicandosi in particolare alla coltivazione olivicola e alla preparazione di fichi secchi farciti con mandorle e scorza di limone, specialità che faceva recapitare ai parenti di Toronto.
Michele Selvaggi