Sabato, 21 Dicembre 2024

Novità sul caso delle ragazzine inglesi violentate a Marconia

Venerdì, 27 Ottobre 2023

Sono state costrette «con estrema brutalità ed aggressività, a subire rapporti sessuali» da ciascuno membro del branco che le aveva prima drogate e poi portate lontano da occhi indiscreti con l’obiettivo di abusare di loro.

È quanto si legge nelle motivazioni della sentenza con la quale il gip di Matera Roberto Scillitani ha condannato a 6 anni di reclusione Michele Falotico 24enne di Pisticci, unico tra gli otto giovani accusati di aver partecipato allo stupro di due minorenni inglesi avvenuto a settembre 2020 in una villa, ad aver scelto di essere giudicato con rito abbreviato. Le motivazioni della sua condanna, contenute in 22 pagine sono state depositate diversi mesi fa, ma sono rimaste finora sconosciute. Nella sentenza, il giudice Scillitani ha spiegato che gli imputati «approfittando della condizione di inferiorità delle due minori dovuta alla minore età delle stesse, alla loro inferiorità numerica. alla zona buia ed isolata teatro del delitto ed anche all'assunzione di sostanze stupefacenti, incuranti delle urla e delle aperte manifestazioni di dissenso espresse dalle due ragazze» le hanno spogliate e costrette a subire continui abusi sessuali. Non solo. Nelle motivazioni si legge inoltre che gli esami a cui sono state sottoposte le giovani vittime hanno confermato che attraverso un drink alle due minori è stata somministrata droga: l’escamotage che avrebbe secondo l’accusa, facilitato il lavoro del branco che le ha prima separate e poi condotte in luoghi appartati per dare sfogo ai loro istinti.

La posizione di Falotico, ora, è al vaglio della corte d’appello: il processo è da poco entrato nel vivo.

Nel verdetto nei suoi confronti, oltre alla pena, il magistrato aveva stabilito che il risarcimento nei confronti delle vittime sarà quantificato in un separato giudizio civile, ma intanto Falotico dovrà versare una provvisionale immediatamente esecutiva di 20mila euro nei confronti di una delle vittime che si è costituita parte civile attraverso l’avvocato Giuseppe Rago. Per gli altri sette imputati è invece ancora in corso il processo di primo grado dinanzi al tribunale di Matera: si tratta di Alessandro Zuccaro, Giuseppe Gargano e Alberto Lopatriello, Michele Leone, Egidio Antonio Andriulli e Rocco Lionetti. I primi quattro furono arrestati dalla squadra mobile poco dopo i fatti, mentre gli altri tre furono arrestati qualche tempo dopo quando grazie alle intercettazioni raccolte dagli investigatori fu possibile ricostruire l’esatta composizione del branco autore delle violenze.

Determinati per le indagini, furono le conversazioni intercettate dai poliziotti guidati allora dal vice questore Luigi Vessio, la mattina dell’11 settembre 2020. Alcuni dei ragazzi erano nel commissariato di Pisticci, ma divisi in due stanze separate.

«Pur sospettando che i loro discorsi potessero essere monitorati dai poliziotti – scrisse il giudice Angelo Onorati nell’ordinanza che li portò in carcere – hanno comunque cercato di concordare una versione dei fatti da offrire agli investigatori» e «così hanno ammesso la loro presenza sul luogo e nel momento della consumazione degli atti sessuali». Per gli inquirenti, la loro strategia era sostanzialmente facile: raccontare che le due ragazzine erano consenzienti. In una delle due stanze, infatti, Giuseppe Gargano dice ai suoi amici: «Noi non abbiamo fatto nulla quando andiamo davanti al giudice è la verità sono state loro che ci hanno abbassato i pantaloni». I ragazzi, erano inoltre consapevoli che gli investigatori erano in possesso delle immagini di video sorveglianza: «Devi dire che erano consenzienti quelle tr… quella sega anche le telecamere gli ha dato».

Secondo il gip Onorati, quella violenza era di «estrema gravità, brutalità ed efferatezza» commessa «mediante modalità subdole» perché avrebbero fatto assumere alle vittime sostanze alcoliche e stupefacenti «per stordirle a attirarle con l’inganno in un luogo buio ed appartato». Segnali che secondo il gip Onorati sono «frutto di una collaudata preparazione e pianificazione, replicabile agevolmente con le stesse modalità operative nei confronti di altre donne inermi». Una tesi che per uno di loro è già stata confermata in primo grado.

 fonte Francesco Casula – Gazzetta del Mezzogiorno

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