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La nostra storia, questa volta inizia parafrasando una delle più belle canzoni del grande Fabrizio De Andrè, “via del campo”, quando recita “dal diamante non nasce niente, dal letame nascono i fior”.
La cosa ci riporta a quel 21 novembre 1976, che viene ricordato come il più grande disastro di Pisticci, con la terribile frana che quella notte, in pochi minuti spazzò via gran parte dell’antico rione Croci.
In seguito a quell’immane disastro, sono nate strutture nuove per la nostra città, come la villa comunale di Pisticci con la strada che l’attraversa, la nuova zona sportiva con i campi da tennis dove si sono disputati incontri internazionali di richiamo, i campi di Calcetto e più tardi il Palasport e la tendostruttura del tennis, oltre al grande spiazzo dove ha anche trovato posto il mercato mensile e la fiera del 12 agosto, oltre alla circonvallazione che unisce il Dirupo al resto della città, senza dimenticare i benefici che ha ottenuto Marconia con il moderno quartiere Portobello e altri insediamenti nel centro abitato. Opere queste - ricordiamo, figlie, purtroppo, di quella terribile frana della notte di quel 21 novembre 1976.
Dopo quel disastro - uno dei più grandi della Basilicata - come lo definirono i TG nazionali e altri notiziari che la mattina successiva riportarono in prima pagina l’avvenimento – molte opere e cambiamenti si sono verificati. La maggior parte della gente che perse tutto, usufruì di suoli edificatori e contributi per costruire abitazioni a Marconia. Altri “beneficiarono” di alloggi popolari. In poco tempo, la zona colpita dalla frana ritornò a vivere grazie all’impegno dell’Amministrazione dell’epoca, guidata dal Sindaco l’On. Nicola Cataldo che unitamente all’ing. Michele Leone, Dirigente Tecnico Regionale, diedero vita ad una collaborazione fattiva i cui frutti significarono la rinascita di tutta la zona martoriata con la esecuzione di grandi opere, poi completate durante l’Amministrazione Michetti che realizzò il campo di calcetto e la circonvallazione, oltre alla messa in sicurezza della parte sfiorata dalla frana.
Per fortuna non furono registrate vittime e questo anche grazie all’intervento del sindaco Cataldo, che con il suo coraggioso, ma anche caparbio e responsabile intervento - coadiuvato dall'allora Capo dell'Ufficio Tecnico geom. Michele Motta, dal Comandante dei VV.UU. Cap. Rocco Silletti e dall'assistente geom. Peppe Coriglione, il vice sindaco Antonio Calciano e l’Assessore Mingo Bellini - che fino a pochi minuti prima della tragedia si prodigò, rischiando di persona come gli altri, a convincere i residenti restii ad abbandonare in fretta le case, dove erano nati e vissuti per una vita. Cataldo, residente di quel rione, conosceva tutte le persone che non volevano andare via. Li supplicò e alla fine, solo pochi istanti prima della frana, riuscì a convincerli. Una vera e propria corsa contro il tempo che comunque si risolse nel modo sperato.
Un vasto movimento franoso dal fronte di 4-500 metri, spazzò via tutto, segnando la fine di gran parte di quell'antico rione. Le prime luci dell'alba, mostrarono i resti di un disastro immane. Centinaia di case scomparse e altre danneggiate o miracolosamente rimaste in piedi. Una tragedia senza, fortunatamente, nessuna vittima. Una specie di miracolo (Qualcuno si ricordò del "legno santo" per tanti anni il simbolo cristiano della zona, ma anche della Madonna delle Grazie che si festeggiava proprio in quel giorno).
Da quella tragica notte, ora sono trascorsi quasi 50 anni. Un lungo spazio di tempo che comunque ha cambiato la storia, ma anche la geografia di tutta una zona. Il tutto - ricordiamo- nato dal disastro di una piovosa notte di autunno che comunque ci porta a pensare, più che altro, alle parole della canzone di De Andrè: “dal diamante non nasce niente, dal letame nascono i fior”.
Michele Selvaggi