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“Anche un napoletano può essere depresso”. Lo afferma in questi giorni, il grande Vincenzo Salemme, partenopeo doc, nel presentare il suo nuovo lavoro teatrale. Ma non sempre è così.
Pisticci, tanti anni fa, nel primo dopo guerra, ha conosciuto Adelaide, una napoletana verace (di cui vi raccontiamo la sua storia) che, nonostante gli stenti e le difficoltà del momento, la depressione riusciva a tenerla sempre lontana. Settimanalmente veniva qui da Napoli per comprare uova che poi rivendeva nella sua città. Erano i tempi in cui le persone come Adelaide (qui ne venivano tante) erano etichettate come “contrabbandieri”, una parola che cozzava con la realtà di quelle attività portate avanti soprattutto per poter sopravvivere alla miseria del dopo conflitto mondiale. Adelaide quindi, era una “contrabbandiera” e lei ci rideva e scherzava sopra, comprendendo bene che chi pronunciava quella parola, non capiva il vero significato della stessa. Una donna di una certa età, dai lineamenti ancora belli; alta, petto in fuori, capelli ben pettinati, parecchio spigliata, ma soprattutto piena di simpatia e amica di tutti con il suo dialetto napoletano che l’accompagnava sempre quando nelle strade della nostra città gridava e annunciava che stava arrivando a chi aveva uova fresche delle nostre galline, da vendere. Ma la sua attività non si limitava solo all’acquisto, perché - come mi ha ricordato un mio compagno di scuola e di giochi, il professor Enrico Santilio - Adelaide, da Napoli portava dello zucchero che vendeva a chi ne avesse bisogno in tempi in cui questo prodotto non era facile trovare in commercio. Prodotto che di zucchero, aveva solo il nome e il sapore, atteso che si trattava di qualcosa con un colore che non era il bianco come deve essere, ma giallo tendente al nero, che, in mancanza d’altro, per tutti, andava bene lo stesso. Ma dietro questa attività che per Adelaide comportava continui e disagevoli viaggi (per puro caso - raccontava - durante uno dei suoi primi viaggi da Napoli a Pisticci - si era ancora in pieno conflitto - scampò al grave disastro ferroviario della galleria di Balvano dove morirono soffocati dal fumo del treno, circa 600 viaggiatori come lei), c’erano sacrifici enormi da affrontare ogni giorno, qui resi comunque meno penosi, grazie alla generosità dei pisticcesi che ad Adelaide volevano bene e offrivano sempre qualcosa di utile ed anche dove trascorrere la notte.
Tra queste persone, ricordiamo i fratelli Nicola, Tonino e Armando Colacicco, gestori del bar in piazza Plebiscito, che ad Adelaide misero a disposizione per diverso tempo un locale dove poter depositare la sua merce, in arrivo e partenza.
Figlia di una famiglia numerosa e poverissima di un vecchio quartiere di Napoli, Adelaide aveva scelto la nostra città come meta del suo lavoro. Pisticci l’aveva accolta bene, come del resto meritava una persona, generosa, buona, brava ma anche tanto bisognosa come lei. Quando per il suo lavoro, frequentava il rione Terravecchia, non mancava - lo ricordiamo bene - di entrare in Chiesa Madre per pregare, ma anche per riverire l’Arciprete di allora, don Vincenzo Di Giulio, di cui aveva grande rispetto. Adelaide cessò di venire a Pisticci nei primi anni 50, e nessuno riuscì a sapere più nulla di lei.
Una storia, quella di Adelaide, che pochi forse ricordano, e che comunque abbiamo voluto far conoscere ai pisticcesi di oggi, figli di quella generazione sempre generosa, che tanti anni fa, l’accolse e l’aiutò come meglio poteva, in un periodo difficilissimo per tutti.
Michele Selvaggi