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Un altro grande architetto italiano, che se ne va. Nei giorni scorsi è infatti scomparso Paolo Portoghesi, una delle grandi figure dell’architettura italiana moderna, intellettuale di rango, critico e raffinato pensatore, oltre che Docente Universitario alla Sapienza, sempre amato e rispettato dai suoi allievi. Noto per i suoi interventi legati alla religiosità, progettando diverse chiese cattoliche, ma anche studioso di cultura islamica, firmando opere come il Palazzo Reale di Amman, Moschea di Roma e Grande Moschea di Strasburgo.
La scomparsa di Portoghesi, per noi pisticcesi, è la occasione per ricordare un altro grande Architetto italiano il compaesano Ernesto B. Lapadula, famoso per le sue straordinarie opere, prima fra tutte il palazzo della civiltà italiana al quartiere EUR di Roma, struttura a forma di parallelepipedo, caratterizzato da archi a tutto sesto sulle quattro facciate, progettato e realizzato tra il 1937 e il 1940.
Proprio quell’opera, qualche anno fa, ospitò una mostra che ricordava l’altro grande architetto Francesco Borromini. In quella occasione, fu proprio Portoghesi, insieme ad altri celebri architetti del mondo, a celebrare Lapadula, che era nato nel 1902 in via Puoti a Pisticci.
Ma per noi, Lapadula è ricordato anche come progettista della chiesa di San Rocco in puro stile Novecento, realizzata nei primi anni 30, oltre a varie cappelle funerarie, appartamenti (Palazzo D’Onofrio in P.zza Umberto, Palazzo Montesano - De Pace, in piazza dei Caduti sul bar Pisticci) e altri progetti rimasti sulla carta, ma ugualmente interessanti, ricordiamo, oggetto di approfonditi studi dell’Architetto locale Renato D’Onofrio.
Sicuramente l’opera migliore, rimane il Palazzo della Civiltà Italiana. I romani dell’epoca, sentirono immediatamente l’appartenenza, ribattezzandola, e non a torto, “Colosseo Quadrato”. Portoghesi in quella occasione, celebrando Lapadula, ne sottolineò “la capacità di imprimersi nella memoria”, mentre Enrico Guidoni parlava di una rappresentazione di “valori universitari e senza tempo della architettura occidentale”. Sebbene come hanno evidenziato alcuni critici, Lapadula non abbia più replicato il successo conseguito con l’opera all’EUR, lo stesso è comunque riuscito a realizzare progetti di straordinaria qualità in Italia e all’estero, senza cadere, tranne in pochi casi, nella retorica monumentale di “regime “dell’epoca”.
Partecipò spesso e con successo, a numerosi concorsi tra i quali quello della “Palizzata di Messina”, la “Casa del Fascio” di Taranto e Forlì, la città Universitaria di Bratislava, la Pretura del quartiere Aventino e il Palazzo Littorio a Roma. Anche a Matera, Lapadula lasciò il segno con il progetto della “Economia Corporativa”, l’attuale Camera di Commercio. Anche all’estero sono numerose le opere di Lapadula che vanno ricordate. Tra queste, in Argentina il piano urbanistico di Cordoba e quello di Catamarca, l’edificio per il quartiere generale delle truppe italiane a Bangasi, il grande padiglione espositivo di Budapest e altri, non meno importanti.
Insomma Lapadula è stato architetto completo per aver affrontato una molteplicità di temi, edifici pubblici, banche, chiese, ville e piani regolatori, sempre con la medesima tensione emotiva. Riferendosi al Colosseo Quadrato, Portoghesi lo considerava una grande opera di architettura, “di quelle che restano”, anche al di là delle connessioni con caduche e retoriche ideologie.
Tuttavia, Portighesi, faceva rilevare “che quell’opera sembra quasi abbandonata a metà”, precisando: “Insolito e ambiguo destino, quello di Lapadula, aver dato a Roma uno dei suoi edifici più caratteristici, inseparabile ormai dalla sua identità architettonica, di averlo progettato e realizzato in una età che spesso, per gli architetti è una età immatura e formativa e di aver lasciato questa opera senza darle un seguito, come un discorso iniziato alla grande e poi interrotto”.
Ma è pure vero ricordare - ci permettiamo noi - che quella grande opera era stata terminata proprio alla vigilia dello scoppio del Conflitto Mondiale, con tutti i danni e gli stravolgimenti legati allo stesso e al periodo difficile che ne seguiva, non certo favorevole a Lapadula, cresciuto professionalmente soprattutto nel ventennio. Nel 1949 lasciò l’Italia per l’Argentina, per ricoprire la cattedra di Composizione Architettonica e Urbanistica di Cordoba. Ritornò a Roma nel 1963, dove morì il 24 gennaio del 1968.
Nonostante tutto, Lapadula, rimane uno dei personaggi più noti e apprezzati dell’architettura contemporanea e uno dei più illustri cittadini della Basilicata e della nostra Pisticci, che gli ha dato i natali e che lui non ha mai dimenticato. A Lapadula, Pisticci (Amministrazione Verri) recentemente gli ha intitolato il camminamento degli archi sotto via Franchi del rione Terravecchia.
Michele Sevaggi