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Riceviamo e pubblichiamo nota stampa dell’Ing. Antonio Grieco
Dall'incompetenza dell'ARPAB a un processo surreale: un calvario giudiziario che grida vendetta
Sette lunghi anni. Un periodo infinito trascorso tra aule di tribunale, accuse infondate e un silenzio assordante da parte delle istituzioni locali. Questa è la storia della discarica La Recisa, un caso che avrebbe dovuto chiudersi in poche settimane, ma che, a causa di ipotesi accusatorie fantasiose e prive di fondamento, si è trasformato in un calvario giudiziario senza precedenti, con ripercussioni devastanti non solo per gli imputati, ma per l’intera comunità pisticcese.
Le accuse infondate e l’assoluzione totale: IL FATTO NON SUSSISTE
Tutto ha avuto inizio nel 2016, quando l’ARPAB (Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente della Basilicata), con modalità di controllo ampiamente discutibili, ha ipotizzato reati ambientali gravissimi a carico del gestore della discarica, del Sindaco di Pisticci e del dirigente responsabile del settore ambiente. Un’accusa che si è rivelata un castello di carta, basata su rilievi non accreditati, metodi di campionamento errati e interpretazioni normative a dir poco imbarazzanti.
Nonostante la palese inconsistenza delle prove, il caso si è trascinato per anni nei tribunali, portando a ben 17 udienze, con tre diversi giudici, e imponendo agli imputati una continua presenza in aula, con tutto il carico di stress e umiliazione che ne deriva. Un supplizio che ha avuto un peso non solo professionale ed economico, ma anche psicologico: essere trascinati per anni in un processo che non sarebbe mai dovuto esistere ha generato ansia, tensioni e disagi difficili da quantificare.
Nel 2023, finalmente, il verdetto: assoluzione piena per il reato principale perché "IL FATTO NON SUSSISTE". Un'affermazione netta, che non lascia spazio a dubbi: le accuse erano prive di fondamento. I restanti due reati contravvenzionali di un peso irrisorio rispetto al reato principale, sono caduti in prescrizione, ma il danno era ormai stato fatto (pur. evidenziando che la prescrizione non accerta l’innocenza dell’imputato, risulta evidente la lentezza della giustizia, con la responsabilità indiretta dello Stato, che non ha garantito un processo in tempi ragionevoli e, ancora una volta per far valere i propri diritti, anche per questo, bisognerebbe tentare un'azione di risarcimento nei confronti dello Stato per ingiusta durata del processo, ai sensi della legge Pinto (L. 89/2001), che prevede un indennizzo per la violazione del diritto alla ragionevole durata del processo).
Regione e Provincia: i veri responsabili dell’abuso di potere
Se l’ARPAB ha avuto un ruolo fondamentale nel creare il presupposto per questa vicenda giudiziaria assurda, gli enti realmente responsabili dell’abuso di potere sono la Regione Basilicata e la Provincia di Matera. Sono stati loro, infatti, a prendere decisioni amministrative ingiustificate, imponendo provvedimenti arbitrari e causando un danno economico e sociale incalcolabile alla comunità pisticcese.
Dopo la sentenza di assoluzione, la logica avrebbe voluto che fossero proprio Regione, Provincia e ARPAB a dover rispondere del danno causato. Ma ciò non è avvenuto. Nessun risarcimento richiesto, nessuna indagine interna sia all’interno degli Uffici Regionali che all’interno degli Uffici Arpab, pur esplicitamente richiesto dall’Ing. Antonio Grieco con diverse note dirette, per accertare responsabilità, SOLO SILENZIO.
Il danno arrecato dalla chiusura forzata della discarica, è sotto gli occhi di tutti: MILIONI DI EURO andati in fumo, una gestione dei rifiuti compromessa e un servizio ambientale negato alla comunità (da ben 9 anni la piattaforma della discarica è ferma). Eppure, nonostante la gravità della situazione, nessuno ha ritenuto di dover agire per tutelare i cittadini, anche per ridurre notevolmente i costi di esercizio dei rifiuti (TARI) che con la compensazione ambientale derivante dalla tariffa di conferimento in discarica avrebbe contribuito notevolmente alla riduzione dei costi per i cittadini.
IL COMUNE DI PISTICCI: DAL PATROCINIO LEGALE ALLA RIDUZIONE DEL RIMBORSO
Dopo questa lunga odissea, la pubblica amministrazione avrebbe dovuto prendere atto dell’ingiustizia subita dagli imputati e risarcire il danno morale e professionale. Invece, ha aggiunto la beffa al danno.
Il Comune di Pisticci, che inizialmente aveva concesso il patrocinio legale, ha poi deciso di ridurre il rimborso delle spese sostenute a un terzo, adottando un criterio contabile privo di qualsiasi base giuridica solida. Il tutto senza una motivazione chiara e trasparente, ignorando deliberatamente il lungo iter processuale e le conseguenze devastanti che questa vicenda ha avuto sulla vita degli imputati.
Nonostante precedenti sentenze abbiano già condannato il Comune per atteggiamenti simili, (Sentenza n. 124/2022 del 9/3/2022) la storia si ripete: chi ha subito anni di processo ingiusto si ritrova ora a dover lottare ancora per vedersi riconosciuto un rimborso equo, mentre chi ha causato questo disastro amministrativo e ambientale continua a rimanere impunito.
Il silenzio colpevole del Comune: anche la Prefettura ignorata
Ma l’aspetto più grave della vicenda è il totale disinteresse del Comune di Pisticci nel far valere i diritti della comunità. Non solo l’ente non ha mosso un dito per chiedere un risarcimento a Regione, Provincia e ARPAB, ma ha persino ignorato i solleciti della Prefettura di Matera.
Dopo l’invio di una formale richiesta di intervento al Prefetto, da parte dell’Ing. Antonio Grieco, con la quale si sollecitava il Comune a rispondere entro 30 giorni in merito alla vicenda del rimborso spese legali, è calato un silenzio imbarazzante. I termini sono scaduti e nessuna risposta è mai arrivata.
Questo atteggiamento dimostra ancora una volta l’omertà istituzionale dell’amministrazione comunale, che si ostina a non prendere posizione, lasciando che ingiustizie evidenti vengano semplicemente archiviate nel dimenticatoio.
Una vicenda che non può finire nel silenzio
Questa storia non deve essere dimenticata. È la prova di un sistema amministrativo FALLIMENTARE, in cui la burocrazia e l’inefficienza si trasformano in strumenti di ingiustizia e persecuzione. È l’emblema di come le istituzioni, invece di tutelare i cittadini, proteggano solo se stesse.
Sette anni di processi, di sofferenza e di battaglie per dimostrare quello che era evidente fin dall’inizio: IL FATTO NON SUSSISTEVA. Ma oggi, chi risarcirà il tempo perso, la dignità calpestata e i danni subiti dalla comunità?
La Regione Basilicata, la Provincia di Matera e l’ARPAB sono i veri responsabili di questa vicenda. Il Comune di Pisticci, invece, ha il dovere morale e amministrativo di chiedere i danni per la comunità e di rimborsare integralmente chi ha dovuto difendersi in un processo mai dovuto iniziare.
Ma continueranno tutti a far finta di nulla? O quantomeno lo faranno fino alla citazione in giudizio da parte del sottoscritto per la DIFESA DEI PROPRI DIRITTI.