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Storia del fascinoso Dirupo, in Basilicata. Già inserito tra le «100 meraviglie d’Italia da salvaguardare» nella lista stilata dal Ministero dei Beni Ambientali
Anne Parker, pittrice scozzese, rimase così abbagliata dal candore di quelle casupole a schiera con la vista che si staglia verso i calanchi, al punto da decidere di lasciare diciotto anni fa la fredda Perth e mettere radici in Lucania. È nel Rione Dirupo che l’artista, dopo aver vissuto nella campagna di Pisticci, dimora da sei anni. Studio e casa nel cuore del centro storico che il Comune, con una delibera di giunta, ha candidato nei giorni scorsi nella lista del Patrimonio culturale dell’Unesco come «straordinario esempio di architettura spontanea contadina e mediterranea».
La «Città Bianca della Basilicata», così è soprannominata Pisticci, punta a mostrarsi al mondo con il suo scrigno che fa parte già delle «100 meraviglie d’Italia da salvaguardare» nella lista stilata dal Ministero dei Beni Ambientali.
Un territorio fragile, caratterizzato da accentuati fenomeni di dissesto idrogeologico, come gran parte dei borghi dell’entroterra lucano, che necessita di essere preservato sotto il profilo ambientale e valorizzato sotto quello storico ed artistico.
L’eco delle frane che nei secoli passati inghiottirono a più riprese l’abitato provocando morte e distruzione, storica la notte di Sant’Apollonia del 9 febbraio 1688 nel Rione Terravecchia, non si è mai smorzato. Territorio fragile e negligenze con l’ennesimo incendio, la scorsa estate, che ha lambito paurosamente l’ingresso del paese.
Adesso la nuova sfida prende le mosse dal Rione Dirupo che fu oggetto di un sopralluogo anche da parte del regista Luchino Visconti e ne ispirò alcune scene del film “Rocco e i suoi fratelli” (1960). Pisticci, che accusa anche il declino dell’area industriale basentana, nata sotto l’impulso di Enrico Mattei grazie alla scoperta di giacimenti metaniferi negli anni Sessanta, vuole arginare lo spopolamento puntando sul turismo sulla scia del modello post pandemia. I dati dell’Isnart, l’Istituto nazionale ricerche turistiche realizzati per la Camera di Commercio della Basilicata attestano che il 52,5% dei visitatori scelgono i centri storici lucani. Secondo lo studio del Comune di Pisticci, il Rione Dirupo risponde a 4 dei 10 criteri delle linee guida relative alla iscrizione nella lista del Patrimonio Unesco: presentare fenomeni naturali eccezionali o aree di eccezionale bellezza o importanza fisica; costituire una testimonianza straordinaria dei principali periodi dell’evoluzione della terra; costituire esempi significativi di importanti processi ecologici e biologici in atto nell’evoluzione e nello sviluppo di ecosistemi e di ambienti vegetali e animali terrestri; preservare gli habitat naturali più importanti e significativi, adatti per la conservazione in situ della diversità biologica. Nel passato era usanza da parte delle ragazze chiedere ai futuri sposi se avessero la “Lammia”, così venivano definite le case nel Dirupo. E chissà che Pisticci non possa ora sancire il matrimonio con l’Unesco.
di Donato Mastrangelo pubblicato sulla Gazzetta del Mezzogiorno