Venerdì, 13 Settembre 2024

Direzione Pisticci, dove le colline raccontano. San Rocco, un santo che unisce

Giovedì, 22 Agosto 2024

Riceviamo e pubblichiamo una nota di Antonio Natile, Cultore del Territorio e Poeta

Lasciamo la statale, quella che da Taranto conduce verso la Sicilia e ci addentriamo in quella parte di Basilicata che parla ancora con le parole di Scotellaro e Levi. Si intravedono le colline color senape e dal profumo di argilla bagnata. Andrea, il nostro caro amico che ci aspetta trepitante, si è raccomandato: “Al bivio di Tinchi, al semaforo, girate a destra, proseguite per una manciata di chilometri e Pisticci sarà di fronte a voi!”.

Io e Rossana siamo partiti da Noci, una piccola realtà abbarbicata su una collina delle Murge, nel sud est barese, fra Putignano e Alberobello, la prima conosciuta per il suo Carnevale mentre l’altra, ovviamente, per i suoi incantevoli trulli…Noci invece la conoscono in pochi.

Andrea, pisticcese di adozione, in quanto ha sposato un fiore di ragazza di nome Viviana, ci ha molto parlato della Festa di San Rocco, un santo che unisce il nostro Sud, un pellegrino invocato nelle varie pestilenze che nei secoli hanno minacciato il nostro amato Mezzogiorno. Un viandante, un taumaturgo severo e austero, un francese di cui non bisogna farne scherno.

Ma qui la festa di San Rocco è qualcosa di unico, qualcosa che vive e sopravvive al passare del tempo. Il nostro amico ci tiene molto a presentarmi Renato, un oriundo che fa da spola fra le Dolomiti Lucane e le Dolomiti del Trentino e che, ogni volta che ritorna nella sua Pisticci, in estate, non perde occasione per prodigarsi nella buona riuscita della festa del santo patrono. Il suo ruolo è palafreniere, mi spiega dettagliatamente le sue mansioni e mi anticipa su come dovrebbero andare le cose, le tre tappe, l’asta, i rialzi e tutto quello che devo sapere.

Qui la gente è accogliente, lo si percepisce dai loro sguardi, dai loro sorrisi dalla voglia di empatizzare con chi non è del posto, forestiero per l’appunto. Conosco dei ragazzi, magnifici, sorridenti che mi mettono subito a mio agio, mi raccontano delle edizioni precedenti e di come la festa, a loro avviso, sì è evoluta negli ultimi anni. Mi sento a casa, avverto il fiato buono di una comunità che sa stringere tutti, che rende partecipe e che fonda sulle proprie tradizioni un’autentica visione di futuro. Ormai l’asta è chiusa, l’ultima offerta sancisce che il carro trainato da pazienti muli può raggiungere il centro cittadino, alcuni giovani se la sono aggiudicata.

San Rocco, con la sua conchiglia al collo, fa capolino dal carro ligneo addobbato da lucenti anthurium, la festa ha per noi inizio.

Finalmente possiamo visitare la parte antica di Pisticci, il corso, la piazza, la zona Dirupo edificata dopo la frana del 1688, la chiesa di San Rocco dei primi anni Trenta con la sua architettura novecentista. Il corso, illuminatissimo, è semplicemente magnifico, un caleidoscopio di luci e colori. La gente, accalcata ai margini della strada, pur attendendo da ore l’arrivo del carro non mostra alcun segno di stanchezza.

Andrea è impaziente, vorrebbe mostrarmi e descrivermi tutto: non solo luoghi, ma soprattutto vorrebbe raccontarmi la mappa di quelle geografie umane che disegnano la cittadina di Pisticci. Non perde occasione di presentarmi i suoi amici, sua madre, i suoi suoceri il dott. Alcibiade Jula e sua moglie la dott.ssa Maristella D’Alessandro, donna acculturatissima a cui mi accomuna la passione per l’archeologia e la storia dei nostri luoghi. Ci accomodiamo nel salotto buono della città, nella centralissima piazza proprio sotto l’orologio e vicino la chiesa di Sant’Antonio. Parliamo di tutto, di tradizioni, di giovani, di antropologia culturale, ma anche di fatti di paese che inevitabilmente colorano le nostre realtà. La serata è piacevole, vorrei non rientrare, ma la mia amica di viaggio mi ricorda che abbiamo un pò di strada da fare.

I soliti saluti e gli abbracci, ci rivedremo, vi aspettiamo. Tutto quello che ogni volta diciamo per sentir meno l’addio, il dover andar via. Questa volta ci consigliano di rientrare attraversando Marconia, colonia confinaria fascista sorta nel 1938 e oggigiorno abitata perlopiù da giovani pisticcesi trasferitisi con il sogno di una nuova urbanistica, almeno così mi racconta un’anziana donna del posto.

In macchina metto Leonard Cohen, ho voglia di ascoltare Bird on the Wire. Rossana mi asseconda nella scelta, a casa l’aspettano i suoi. Io a Pisticci ci sarei rimasto volentieri, da me non mi aspetta nessuno.

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