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Le frane che hanno interessato Pisticci, sempre nel mese di Novembre
Nei giorni tra il 23 e il 25 novembre 1959 di un autunno piovoso, non solo a Pisticci, ma in tutto il metapontino e basso materano, erano caduti circa 400 millimetri di pioggia, che determinarono la esondazione dei fiumi Cavone e Basento, con gravi danni all’agricoltura e al patrimonio edilizio.
Purtroppo, nel materano, si contarono anche dei morti e tantissimi sfollati tra le popolazioni colpite dall’alluvione.
In particolare Pisticci, fu interessata da un primo movimento franoso che toccò in special modo il rione Croci e gli adiacenti rioni Tredici e Dirupo. Tante case inagibili e inabitabili, con numerose famiglie sistemate in alloggi di fortuna e nella scuola di via Cantisano. Sindaco dell’epoca, Nicola Michetti, padre di Gaetano, futuro sindaco di Pisticci e Presidente della Regione Basilicata dal 1985 al 1990. Intervenne il Genio Civile di Matera, guidato dall’ing. Aralla e tra gli interventi l’abbattimento di alcune case del rione Croci e il puntellamento di diverse abitazioni pericolanti di via Meridionale e zona Concezione. Molte operazioni furono dirette dal Tecnico Comunale di allora, il Geom. Arcangelo D’Angella, tecnico intelligente, competente e ingegnoso, con pochissimi mezzi e uomini a disposizione, supportato solo dallo assistente Antonio Gesualdi, persona attiva e laboriosa. Per gli sfollati di quel primo evento franoso, per conto della Gescal, si costruirono a Marconia le prime case popolari lungo viale S. Giovanni Bosco e Piazza Elettra e altre in zona ovest. Fu qui che chi aveva perduto la casa a causa della frana, trovò abitazione nuova con tutti i confort necessari.
Sempre in quel mese, nella notte del 21 novembre 1976, la seconda e più distruttiva frana della nostra città, che praticamente cancellò gran parte dell’antico rione Croci. Il TG di quella mattina, parlò di uno dei più grandi disastri della Basilicata, per fortuna senza vittime e questo grazie al sindaco Nicola Cataldo, che col suo coraggioso, responsabile intervento - coadiuvato dall'allora Capo dell'Ufficio Tecnico geom. Michele Motta, dal Comandante dei VV.UU. Cap. Rocco Silletti e dall'assistente geom. Peppe Coriglione, vice sindaco Antonio Calciano, Assessore Domenico (Mingo) Bellini - fino a pochi minuti prima della tragedia, si prodigò, ma rischiando di persona, a convincere i residenti restii ad abbandonare in fretta le case, dove erano nati e vissuti da una vita. Cataldo, residente di quel rione, conosceva tutte quelle persone. Li supplicò e li convinse, solo pochi istanti prima che si verificasse la frana. Una vera e propria corsa contro il tempo.
Tragedia spaventosa, con un vasto movimento franoso dal fronte di circa 4-500 metri che spazzò via tutto, segnando la fine di gran parte di quel rione. Le prime luci dell'alba, mostrarono i resti di un disastro immane, con la scomparsa e danneggiamento di tante case. Tragedia senza nessuna vittima. Una specie di miracolo (qualcuno si ricordò del "legno santo" per tanti anni, simbolo cristiano della zona, ma anche della Madonna delle Grazie che si festeggiava quel giorno). I segnali, notati già da qualche tempo, con abbassamenti e crepe e le piogge incessanti di quell'autunno, fecero il resto. La maggior parte degli scampati, usufruì a Marconia di suoli, alloggi (quartiere Portobello e altri) e contributi. La zona colpita ritornò a vivere dopo poco tempo, grazie all'impegno del sindaco Cataldo che con l'ing. Leone, dirigente tecnico regionale, diedero vita ad una collaborazione i cui frutti significarono la rinascita di tutta la zona con consolidamenti, una villa comunale, impianti sportivi, vasto piazzale (dove l’amministrazione Michetti più tardi realizzò un campo di calcetto), oltre alla strada per il Dirupo e la messa in sicurezza della restante parte sfiorata dalla frana.
Prima di chiudere, un’ultima considerazione. Dopo la frana del 1959, il Tecnico Comunale di Pisticci, Geom. Arcangelo D’Angella (conosciuto da tutti come “don Arcangelo”) asseriva, di trattarsi di “frana lenta” ovvero, di “movimento franoso che avanzava lentamente”. Ma nessuno gli credette. Dopo esattamente 17 anni dal primo episodio, quella mattina del 21 novembre 1976, dopo il disastro appena consumato, di quelle parole, qualcuno se ne ricordò. Don Arcangelo, morto nel 1970, aveva avuto ragione! Eccome.
Michele Selvaggi