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Domani 31 gennaio 2021 ricorrono 10 anni dalla scomparsa tragica a Torino del Prof. Antonio Bonavista, ma a Pomarico è sempre vivo il suo ricordo, un personaggio di spicco della vita sociale, della politica e soprattutto della cultura di questa città.
Un pensiero gentile quello del Direttore di Orchestra Giovanni Pompeo, suo amico, che, in questa triste ricorrenza, lo ha voluto ricordare attraverso una appassionata, toccante, ma anche affettuosa lettera che, sicuramente Antonio da lassù, si è compiaciuto di riceverla e leggerla, a testimonianza del grande affetto che i pomaricani e la città di Pomarico, nutrono sempre per la sua squisita persona.
“Il ricordo di una telefonata ricevuta da una comune amica la mattina del 1° febbraio (che avevo creduto fosse per il mio compleanno) è indelebile da (già) 10 anni. Senso di incredulità e di stupore, che si tramutarono, col passare delle ore, in un orgoglioso contegno e distacco, di fronte ad un evento così traumatico. Si, contegno e distacco perché il rapporto con Antonio era basato su un comune sentire rispetto all’arte, alla cultura e anche ai fatti quotidiani della vita sociale e politica, un’intima passione per la Verità profonda dei fenomeni, che mai si legava con le esigenze, le necessità e le regole quotidiane. Di qui anche nell’ultimo incontro avvenuto proprio a Torino, la consapevolezza di una forte fiducia e stima che relegavano in secondo piano i non così radi diverbi. Spirito battagliero e tenace, sovente aspro negli atteggiamenti, sempre convinto della giustezza delle proprie argomentazioni, tanto da sconfinare qualche volta nel privilegiare la propria idealità a scapito del possibile, probabile e vicino tornaconto personale. Il Festival Vivaldiano, di cui Antonio ha voluto fortemente ne assumessi la direzione artistica- musicale, è stato un sogno, oserei dire felliniano: chi avrebbe mai osato associale con tanta pregnanza e cocciuta volontà, il nome di un piccolo borgo della piccola Basilicata, con uno dei massimi musicisti di tutti i tempi, presentando le musiche del “prete rosso” con tutta una serie di espressioni artistiche a Lui collegate, con scrittori, artisti, musicisti di rilievo nazionale e internazionale? Oggi potrebbe apparire facile (dopo Matera 2019), ma invito a considerare quale era la riconoscibilità del nostro territorio 15 anni fa: solo così si potrà guardare con la giusta prospettiva, un lavoro che, lungi da spirazioni “ingenue” attribuitegli ha rappresentato una Azione culturale, sociale, etica e politica lungimirante. Parafrasando Gustav Maheler “la tradizione non è culto delle ceneri, ma custodia del fuoco”: e allora, manteniamo vivo il fuoco di Antonio, vivo e indomabile, impossibile da imprigionare, e proviamo, ora, a dieci anni dalla sua morte, ad alimentarlo, sì da infondere nuova energia al suo sogno, al sogno di una intera comunità”.
Michele Selvaggi