Mercoledì, 13 Novembre 2024

Nuovo “DL Ambiente” e potenziale reviviscenza di istanze e permessi di ricerca in Basilicata

Martedì, 12 Novembre 2024

L’articolo 2 del “DL Energia” ( DL 17 Ottobre 2024, n° 153) potrebbe comportare, smentendo la stessa vulgata governativa di voler limitare ricerca e coltivazione di idrocarburi al solo gas, nuove attività di ricerca petrolifere. E’ quanto si può desumere dall’Art. 2 della norma (Disposizioni urgenti per coniugare le  esigenze  di  salvaguardia dell'ambiente con le esigenze di sicurezza degli approvvigionamenti), che al comma 2 recita:  “A decorrere  dalla  data  di  entrata  in  vigore  del  presente decreto, il conferimento di permessi di ricerca e di  concessioni  di coltivazione di idrocarburi liquidi sul territorio nazionale e a mare non è consentito.

Il primo  periodo  non  si  applica  nel  caso  di concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi  da  conferire  in relazione ad attivita' di  ricerca  svolte  sulla  base  di  permessi

rilasciati prima della  data  di  entrata  in  vigore  del  presente decreto, ancorchè non concluse alla medesima data. Le  attivita'  di coltivazione di idrocarburi liquidi svolte sulla base di  concessioni già conferite alla data di entrata in vigore del presente decreto  o

da conferire ai sensi del secondo periodo proseguono per la durata di vita utile del giacimento”.

 Il contesto normativo che motiva il DL (che rischia di essere convertito in Legge il prossimo 16 Dicembre) è l’abrogazione per sentenza emanata 13 volte del PiTESAI (Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee) dal TAR del Lazio a partire dallo scorso Febbraio.

 Chirurgicamente, rifiutandosi di fare ricorso in appello al Consiglio di Stato, Governo e MASE rinunziano ad ogni strumento di pianificazione e di fatto favoriscono in Italia la reviviscenza di ben 11 permessi di ricerca a mare e 18 su terra ferma, abrogati negli scorsi due anni per effetto dello stesso PiTESAI (c. 8, art. 11 ter, Legge 12/2019) ed allo stesso tempo fanno cassa, mantenendone in vita l’art.12.

Le concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi già conferite alla data di entrata in vigore del decreto o da conferire sulla base di permessi rilasciati entro il 17 Ottobre 2024, proseguiranno per tutta la “durata di vita utile” del giacimento, così comportando l’autorizzazione di nuovi pozzi e, quindi, di nuove attività estrattive, così come recentemente accaduto con relativo decreto autorizzativo per ulteriori due pozzi estrattivi nella concessione “Gorgoglione (DECRETO MINISTERIALE 9 settembre 2024 Proroga e riperimetrazione della Concessione di coltivazione «GORGOGLIONE» della Società TOTALENERGIES EP ITALIA S.p.A.)

Inutile evidenziare, dato l’importante contributo percentuale della Basilicata alle quote di petrolio e gas a livello nazionale, il prevedibile incremento dell’inquinamento ambientale di un territorio notoriamente già fin troppo compromesso, mentre le preoccupazioni per l’accelerazione delle necessarie attività di bonifica non sembrano essere in cima alle priorità dell’attuale compagine di governo regionale.

E’ appena il caso di ricordare al proposito che già nel 2012 la “Relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella regione Basilicata”, documento della competente commissione parlamentare, denunziava un quadro sconvolgente, se pur parziale, dello scempio delle matrici nella nostra Regione (documento XXIII n. 17).

 Nel corpo della relazione dell’anno 2000 sono state riportate, tra l’altro, alcune problematiche attinenti il rischio di smaltimenti illeciti cui appariva esposta la regione, evidenziate dalle diverse autorità interpellate (in particolare, prefetto e autorità giudiziaria). Allarmante era il dato relativo agli 890 siti inquinati censiti, la metà dei quali connessi alle attività di prospezione petrolifera.

In Basilicata si è compiuto, di fatto, un autentico scempio ambientale, che ha interessato l’aria (inquinamento dagli impianti di desolforizzazione petrolifera a Corleto Perticara, in Val d’Agri, a Pisticci; stoccaggio ed estrazione, inceneritori, cementifici, ferriere), il suolo (fanghi delle lavorazioni petrolifere, incidenti delle estrazioni, interramento rifiuti, acidificazione della Val D’Agri, inquinamento del Sauro) e l’acqua, la vera ricchezza di cui dispone (alla luce dell’attuale emergenza idrica meglio dire disponeva…) la regione, fonte di vita non solo per i suoi abitanti, ma anche per circa quattro milioni di cittadini di Puglia, Campania meridionale e Calabria settentrionale, che dipendono dai suoi bacini idrici.

Il disastro ambientale lucano è connesso non solo alle estrazioni petrolifere attuali, ma anche alle attività correlate (desolforizzazione, stoccaggio, reiniezione e trattamento reflui, trasporto) e a tutti i sondaggi petroliferi effettuati in un secolo di attività, che hanno interessato circa 500 pozzi (dall’inizio del ‘900, vedi relazione/decreto Corte dei Conti Regione Basilicata, che nel 2014 ne calcolava 471).

 A ciò si aggiunge il sistema di discariche e di incenerimento, legato al ciclo di gestione integrata rifiuti (Ex Fenice a San Nicola di Melfi), e quello relativo alle centrali a biomasse (Centrale del Mercure, Bernalda, Senise), cementifici (Barile e Matera), insediamenti industriali, aree SIN (Val Basento, Tito), impianti di produzione del bitume (Baragiano, Sant’Angelo Le Fratte), ferriere (Sider Potenza) e, non da ultimo, il ciclo di stoccaggio e trattamento delle scorie radioattive (Itrec della Trisaia a Rotondella) e l’individuazione di aree potenzialmente idonee alla realizzazione del sito unico nazionale dei rifiuti radioattivi in Basilicata (un’area ritenuta idonea coincide con quella dell’istanza di permesso petrolifera della Delta Energy “Il Perito” a Montescaglioso…) .

Terreno di battaglia politica sono i risultati di studi epidemiologici sulla salute dei lucani, anche se, in uno studio pubblicato in Current Cancer profiles of the italian regions, l’incidenza di patologie tumorali risulta essere superiore a quella registrata al nord Italia, dove sono situate industrie con alto inquinamento ambientale. Polemiche permangono anche per il registro dei tumori in Basilicata e per la sua gestione, carente delle statistiche riguardanti i tumori della tiroide, i tumori ginecologici, la classificazione dei tumori ematologici, la percentuale di aborti spontanei (indice precoce di inquinamento), delle malformazioni, dello spettro autistico, dei tumori infantili.

Gli studi condotti a livello internazionale dimostrano che le popolazioni residenti nel raggio di cinquecento metri/un chilometro dai pozzi petroliferi hanno una incidenza maggiore sia di tumori, anche infantili, che di patologie croniche e malformazioni congenite. Emblematico è il caso dell’Ecuador: quando la Texaco iniziò l’estrazione del petrolio, il cancro non era noto nella regione. Quaranta anni dopo, esso rappresenta purtroppo uno dei più gravi problemi di salute, con incidenze altissime di leucemie, cancro dello stomaco, della vescica e del cavo orale. Del tutto calzante è il termine coniato come resource curse, letteralmente “maledizione delle risorse”, per illustrare le ingiustizie e la violenza che spesso si accompagnano alla scoperta delle risorse naturali.

Il nuovo DL Ambiente contribuisce a confermare quanto anni fa affermava l’allora presidente di Federpetroli, Michele Marsiglia, secondo cui “la Basilicata è un pozzo nero irreversibile”; che “in Basilicata ci sono troppi pozzi”; che “in Basilicata non c’è più spazio nemmeno di operare, perché è diventata un pozzo da tutte le parti. Quello che è successo con il Nord Dakota, dove è stato detto di trivellare in qualunque posto. Ed è quello che è successo in Basilicata appunto e che rischia di accadere ancora”.

Articolo completo: http://www.trmtv.it/home/attualita/2015_03_31/86097.html

La maxi-inchiesta della Procura di Potenza, che aveva portato alle dimissioni  nella primavera del 2016 l’ex ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, sollevava nei fatti ampi dubbi sulla trasparenza del settore petrolifero italiano. Al cuore dell’inchiesta il territorio lucano, dove l’indagine iniziata nel 2013 ipotizzava gravi reati ambientali, in particolare un illecito smaltimento di rifiuti collegati all’attività petrolifera e sforamenti circa l’immissione di agenti inquinanti in atmosfera.

Nel corso delle recenti e passate indagini svolte dall'Autorità Giudiziaria riguardanti l’operato di società quali ENI, TOTAL, così come delle compagnie petrolifere che hanno titolarità di un permesso di coltivazione sul territorio di Basilicata, appare del tutto evidente come tra esse sia diffusa la pratica di non rispettare le procedure di legge, nè per quanto concerne la classificazione dei rifiuti derivanti dal processo estrattivo (spesso trasformati da pericolosi a non pericolosi), nè per quanto riguarda le modalità ed il luogo di smaltimento finale, in quanto tali rifiuti, per loro natura pericolosi, andavano trattati prima dello smaltimento.

Facendo finta di ignorare le denunzie della stessa Direzione Nazionale Antimafia sulla diffusa pratica dello smaltimento illecito dei rifiuti pericolosi; l’illecito e fedifrago smaltimento dei reflui di lavorazione negli impianti di Tecnoparco Spa; l’inquinamento del fiume Basento e dei terreni limitrofi, i provvedimenti di divieto di allevamento zootecnico e di irrigazione dei terreni in Valbasento; i danni provocati da quasi un quarto di secolo di reiniezione forzata nel pozzo “Costa Molina 2” in agro di Montemurro; l’inquinamento da idrocarburi e da metalli pesanti nelle acque dell’invaso del Pertusillo; l’ampliamento della discarica di rifiuti estrattivi più grande di Europa a Guardia Perticara (Semataf); il pericoloso moltiplicarsi di “eventi” emissivi ed esplosivi al Cova di Viggiano (di cui Shell è cogestrice con Eni), governo centrale e Companies, come se si fosse al punto zero, continuano imperterriti a prospettare ancora la carota di un generico “aumento della popolazione lavorativa; la riduzione dei costi energetici; investimenti diretti sul territorio generati da royalties”!

Sarebbe viceversa necessario partire dalla reinterpretazione dei dati e dei pozzi incidentati/abbandonati, per capire ed affrontare le conseguenze di smottamenti, implosioni, “misteri” legati alle tecniche ed alle strumentazioni utilizzate, delle reali attenzioni particolari di servizi segreti stranieri, con danni ambientali notevoli, in un territorio di una piccola comunità letteralmente assediata da iter travagliati di istanze di permesso e da attività di ricerca e coltivazione.

E’ quanto riguarda ad esempio il pozzo esplorativo “Monte Grosso 2” ed il progetto “Montegrosso” di Brindisi Montagna; il pozzo petrolifero “Monte Li Foi”, che avrebbe dovuto essere uno dei pozzi petroliferi più profondi al mondo.

Oltre ai 5 pozzi petroliferi classificati ufficialmente dall’UNMIG come “incidentati”, tra i quali risultano Monte Li Foi, Monte Grosso 1, Policoro 1, Volturino 1 e Alli 1 (che si trovava in origine sulla stessa postazione del pozzo Alli 2, successivamente riallocato, perforato ed oggi produttivo vicino l’Ospedale di Villa d’Agri), si devono aggiungere il pozzo Castellana 001 nel territorio di Moliterno ed il pozzo Vallauria 001, nel territorio di Savoia di Lucania.

La Basilicata ha bisogno di seri piani di attività di bonifica, previa ricognizione ed approfondita analisi delle matrici ambientali, in un territorio fin troppo compromesso da  circa un secolo di attività di intenso sfruttamento, come attesta la delibera della Corte dei Conti regionale del 2014.

Ad oggi la Basilicata è una gruviera, con 471 pozzi (in provincia di Potenza 270, in provincia di Matera 201) perforati dal 1921 al 2014. I pozzi al 2018 erano 106; in produzione 39; i non eroganti 58; quelli utilizzati “per altro scopo” (in primis reiniezione dei fanghi) 4; quelli “potenzialmente utilizzati” 6.

Nella nostra Regione sono inoltre presenti ben 39 centrali di raccolta e trattamento, di cui 27 per trattamento di olio greggio; 12 di gas naturale. Le Centrali di Raccolta e trattamento più importanti ad oggi sono quelle di Viggiano in Val d’Agri (il c.d. “COVA”, vale a dire “Centro Oli”) e di Corleto Perticara (Centro Oli Tempa Rossa), che sono in sostanza centrali di preraffinazione (idrodesolforizzazione), che trattano olio e gas provenienti da una quarantina di pozzi, prima che gli idrocarburi vengano inviati tramite 136 km di 5 linee di tubi alle raffinerie di Taranto. Il ciclo estrattivo è altamente impattante, sin dal momento della ricerca, come dimostrano le innumerevoli “campagne”, anche sperimentali, condotte ai danni del territorio lucano con l’uso di linee di cariche esplosive ed agenti chimici.

E’ inquinante nel processo  di perforazione, che per raggiungere a volte i 7.000 metri, implica l’uso di scalpelli con uranio impoverito e fluidi tossici perforanti per lubrificare e poi cementare le pareti del pozzo. E’ inquinante per l’uso di oltre 500 sostanze, la maggior parte delle quali sottoposte a segreto industriale dalle Compagnie.

Si tratta di fluidi che accompagnano l’intera vita del pozzo, che inquinano per anni o decenni il sottosuolo, il suolo, le falde acquifere, producendo ogni giorno diverse tonnellate di fanghi di lavorazione, che devono essere smaltite affrontando costi elevati. Dal 2001 il COVA di Viggiano ha iniettato mediamente, a grande pressione in profondità, usando un pozzo esausto in località Montemurro (“Costa Molina 2”), ben 3.500 metri cubi al giorno di schifezze!

Cosa è realmente accaduto negli innumerevoli pozzi perforati, sterili, sfruttati, abbandonati?

L’Eni è stata costretta a trasportare con autobotti ogni giorno i fanghi di perforazione a Pisticci Scalo, presso la centrale di trattamento “Tecnoparco” Spa, il cui amministratore delegato è stato sotto inchiesta dell’Antimafia insieme ad altri dirigenti, faccendieri, nonché al dirigente di Eni Sud. La condanna in primo grado di Eni nella primavera del 2021 per contraffazione, smaltimento illecito di reflui petroliferi e sforamento delle emissioni in atmosfera conferma le condotte illecite del cane a sei zampe.

L’incidenza delle attività estrattive riguarda oggi il 35% del territorio regionale.

In caso di accoglimento delle numerose istanze di permesso avanzate prima della pubblicazione del PiTESAI, l’incidenza sarebbe passata al 75% dell’intero territorio, con 95 paesi coinvolti sui 131 esistenti, interessati da concessioni ed istanze di permessi di ricerca.

Nel 2018 in Basilicata su terraferma gravavano 11 permessi di ricerca, 20 concessioni di coltivazione accordate, 18 istanze di ricerca.

Non faccia pertanto meraviglia, alla luce di quanto sin qui evidenziato e della rinnovata spinta emergenziale, che si debba respingere con forza ed a pieno diritto l’ipotesi dannosa ed antistorica di una “produzione sostenibile di idrocarburi nazionali”.

A quanto ammontano oggi le concessioni estrattive, i permessi di ricerca, le rideterminazioni con rigetto parziale dell’istanza di permesso di ricerca, le istanze con relative procedure amministrative, i pozzi esausti destinati “ad altro utilizzo”, i pozzi esausti destinati allo stoccaggio, i pozzi di reiniezione, al netto delle cancellazioni dei titoli dovute all’applicazione dei criteri del PiTESAI?

Se nel 2018 in Basilicata si registravano 93 pozzi produttivi, di cui 58 “produttivi ma non eroganti”, 2 “produttivi ma non allacciati”, 1 pozzo di reiniezione, a fine 2022, l’anno del PiTESAI, si potevano rilevare:

1 concessione di stoccaggio con 15 pozzi utilizzabili;

5 permessi di ricerca (tutti allora sospesi, ma in attesa del decreto che ne determinasse il termine finale della sospensione);

3 istanze di permesso di ricerca (13 istanze erano state annullate dai criteri del Pitesai, perché richieste antecedentemente al 2010);

3 concessioni di coltivazione attive (Garaguso, Gorgoglione, Val d’Agri) con complessivi 30 pozzi in produzione, 18 pozzi produttivi non eroganti, 2 pozzi di monitoraggio;

15 concessioni di coltivazione non attive con complessivi 53 pozzi. Per 8 di queste concessioni molto datate (Masseria Monaco, Monte Morrone, Serra Pizzuta, Scanzano, S. Teodoro 001, Recoleta, Policoro, Nova Siri Scalo) erano “in corso specifici studi per verificare la possibilità tecnica e l’economicità della produzione del giacimento individuato”.

 

Il BUIG del 31 Marzo 2022, ad un mese dalla pubblicazione del PiTESAI, testimonia una “strage” di istanze di permessi di ricerca. Per quanto riguarda la Basilicata,  la formula utilizzata dall’allora MITE era, ad esempio per l’istanza “ANZI”:

Rigetto dell’istanza di permesso di ricerca «ANZI» presentata dalla Società ENI S.p.A. (estratto) Il Direttore generale delle infrastrutture e sicurezza, con determinazione in data 14 marzo 2022, n.7960, ha comunicato, ai sensi del comma 8 dell’articolo 11-ter della Legge 11 febbraio 2019, n.12 e del decreto del Ministro della transizione ecologica n. 548 del 28 dicembre 2021, la chiusura del procedimento e il rigetto dell’istanza di permesso di ricerca «ANZI» presentata dalla Società ENI S.p.A. in data 1/9/2005 e pubblicata nel B.U.I.G. Anno XLIX - N.10

 Oltre ad ANZI, altre Determinazioni di Rigetto erano in contemporanea:

GROTTE DEL SALICE, presentata dalla Società SHELL ITALIA E&P S.p.A, LA CERASA, presentata dalla Società SHELL ITALIA E&P S.p.A, MONTE CAVALLO, presentata dalla Società SHELL ITALIA E&P S.p.A., MONTE LI FOI, presentata dalla Società ENI S.p.A., OLIVETO LUCANO, presentata dalla Società TOTAL E&P ITALIA S.p.A, PALAZZO SAN GERVASIO, presentata dalla Società ALEANNA RESOURCES LLC, PIGNOLA, presentata dalla Società SHELL ITALIA E&P S.p.A, TEMPA LA PETROSA, presentata dalla Società TOTAL E&P ITALIA S.p.A.

Dal BUIG Unmig del 31 Luglio 2022 (Bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle georisorse) - Anno LXVI N. 7 - 31 Luglio 2022, si rilevano le seguenti comunicazioni (Comunicazione 13 giugno 2022, n.18419) riguardanti provvedimenti di Rigetto parziale dell’istanza di permesso di ricerca,:

  • ai sensi del Decreto del Ministro della transizione ecologica n. 548 in data 28 dicembre 2021, registrato presso la Corte dei Conti in data 29 gennaio 2022, con il quale è stato approvato il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI), ai sensi dell’articolo 11-ter del D.L. 135/2018, convertito con modificazioni dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12 (con avviso di avvenuta pubblicazione del Piano riportata nella Gazzetta Ufficiale dell’11 febbraio 2022);

Comunicazione 13 giugno 2022, n. 18423. Rigetto parziale dell’istanza di permesso di ricerca «LA BICOCCA» presentata dalla Società DELTA ENERGY, con contestuale riperimetrazione d’ufficio dell’area residua. (estratto). La Direzione generale infrastrutture e sicurezza, in attuazione delle disposizioni previste del Decreto Ministeriale 28 dicembre 2021 n.548 di approvazione del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI), con comunicazione in data 13 giugno 2022, n. 18423, ha disposto il rigetto parziale e contestuale riperimetrazione dell’area residua dell’istanza di permesso di ricerca «LA BICOCCA» presentata dalla Società DELTA ENERGY e pubblicata nel B.U.I.G. Anno LVI- N. 6. Nell’area residua le attività minerarie saranno consentite esclusivamente nelle aree indicate come idonee dal Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI). Superficie originariamente richiesta: 155,50 km2. Superficie riperimetrata: 132,10 km2

Comunicazione 13 giugno 2022, n. 18419. Rigetto parziale dell’istanza di permesso di ricerca «LA CAPRIOLA» presentata dalla Società DELTA ENERGY, con contestuale riperimetrazione d’ufficio dell’area residua. (estratto). La Direzione generale infrastrutture e sicurezza, in attuazione delle disposizioni previste del Decreto Ministeriale 28 dicembre 2021 n.548 di approvazione del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI), con comunicazione in data 13 giugno 2022, n. 18419, ha disposto il rigetto parziale e contestuale riperimetrazione dell’area residua dell’istanza di permesso di ricerca «LA CAPRIOLA» presentata dalla Società DELTA ENERGY e pubblicata nel B.U.I.G. Anno LVI- N. 5. Nell’area residua le attività minerarie saranno consentite esclusivamente nelle aree indicate come idonee dal Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI) Superficie originariamente richiesta: 188,10 km2 Superficie riperimetrata: 85,45 km2

Comunicazione 1 giugno 2022, n. 17176. Conferma dell’area dell’istanza di permesso di ricerca «IL PERITO» presentata dalla Società DELTA ENERGY (estratto). La Direzione generale infrastrutture e sicurezza, con comunicazione in data 1 giugno 2022, n. 17176, ha disposto la conferma dell’area oggetto dell’istanza con comunicazione delle aree non idonee in cui è interdetta l’attività mineraria, in attuazione delle disposizioni previste del Decreto Ministeriale 28 dicembre 2021 n.548 di approvazione del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI), dell’istanza di permesso di ricerca «IL PERITO» presentata dalla Società DELTA ENERGY e pubblicata nel B.U.I.G. Anno LV- N. 3.

Ad oggi (BUIG del 31 Ottobre 2024) restano soltanto le istanze “La Capriola” e “Il Perito”. Pur appartenendo alla stessa società proponente (Delta Energy), la Cancellazione dall’elenco delle istanze per il conferimento di nuovi titoli minerari dell’istanza di permesso di ricerca «LA BICOCCA» (con istanza pervenuta al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica in data 13 febbraio 2023, prot. n. 4781, la Società DELTA ENERGY Ltd, ha chiesto il ritiro dell’istanza di permesso di ricerca) è dovuta con tutta evidenza agli effetti applicativi dei criteri del PiTESAI.

Nel BUIG del 28 Febbraio 2023 così viene infatti motivato il provvedimento: A partire dal presente numero l’istanza di permesso di ricerca «LA BICOCCA» è cancellato dall’ elenco delle istanze per il conferimento di nuovi titoli minerari e dal database cartografico UNMIG. La cancellazione è dovuta a motivazioni di ridimensionamento dell’area ritenuta “non idonea.

Il PiTESAI ha inoltre vistosamente intaccato l’elenco dei titoli minerari vigenti.

Se ad esempio al 31 luglio 2022 i permessi di ricerca accordati in terraferma in Basilicata erano 5, per un totale di 745,64,kmq:

  • Permesso di ricerca ALIANO Totalenergies Ep Italia (60% R.U.) ENI (40%),
  • Permesso di ricerca FOSSO VALDIENNA Totalenergies Ep Italia (83,4% R.U.) Shell Italia E&P (9,3%) Eni (7,3%),
  • Permesso di ricerca SERRA S. BERNARDO ENI (63,34% R.U.) ROCKHOPPER CIVITA (22,89%) TOTALENERGIES EP ITALIA (13,77%),
  • Permesso di ricerca TEANA, TOTALENERGIES EP ITALIA (80% R.U.) ENI (20%),
  • Permesso di ricerca TEMPA MOLIANO, TOTALENERGIES EP ITALIA (83,4% R.U.) SHELL ITALIA E&P (9,3%) ENI (7,3%),

ad oggi, in virtù dei criteri con cui il PiTESAI definiva le cosiddette “aree non idonee”, resta soltanto il permesso di ricerca SERRA S. BERNARDO.

Tra i Titoli cancellati dall’elenco dei Permessi di ricerca e concessioni di coltivazione cancellate dall’elenco dei titoli minerari vigenti negli anni 2017-2024, risultano i vecchi permessi di ricerca ALIANO, TEMPA MOLIANO, TEANA, FOSSO VALDIENNA, in virtù della Legge 12/2019, art. 11-ter, comma 8 LXVI n. 9 154,56

Ai 1.076,88 kmq (un terzo delle aree italiane destinate alle concessioni in terraferma) delle 12 concessioni di coltivazione accordate in terraferma in Basilicata, per lo più inzeppate di proroghe (per lo più “automatiche”) ed istanze di proroga,  vanno sommate le concessioni di coltivazione cessate in attesa di ripristino minerario dell'area ( in Basilicata sono 6, per kmq 350,91:

Concessione di coltivazione CALCIANO, ENI (100%),CANDELA, ENI (60,5% r.u.) ENERGEAN ITALY (39,5%) 29/09/1972 Basilicata Puglia, NOVA SIRI SCALO, GAS PLUS ITALIANA (100%), ORSINO, GAS PLUS ITALIANA (100%), SERRA PIZZUTA, ENI (100%), TEMPA ROSSA, ENI (70% r.u.) ENERGEAN ITALY (30%), nonché la Concessione di stoccaggio CUGNO LE MACINE STOCCAGGIO, ex GEOGASTOCK (100%), dallo scorso Febbraio THALEIA.

Per tirare le somme di questa complessa e triste partita di spremitura della scorza del limone in nome della ridefinizione dell’Italia come “hub energetico” a servizio del fantomatico “Piano Mattei” ed in nome della fanfara del “gas nazionale”, la Basilicata, oltre alle operazioni di work over in atto in Val d’Agri, oltre alla minacciosa pressione per imporre a tutti i costi l’allacciamento e messa in produzione del pozzo Pergola 1 in agro di Marsico Nuovo, rischia la reviviscenza di ben 10 istanze di permesso di ricerca (“La Bicocca” compresa) e di 4 titoli di permessi di ricerca accordati e poi cancellati dal PiTESAI.

In questi giorni, nell’ambito delle audizioni del MASE finalizzate al recepimento di eventuali modifiche al DL Ambiente (che potrebbe essere convertito in legge con modificazioni entro metà Dicembre), la stampa specialistica di settore fa trapelare che la Total chiede di dare priorità anche all’estrazione di idrocarburi liquidi, oltre che gassosi.

Non dubitiamo del fatto che il do ut des tra lobbies estrattive ed organi ministeriali (agito nemmeno tanto sottobanco) che caratterizza dall’inizio la strategia di distruzione dell’idea stessa di una possibile pianificazione delle aree in Italia, abbia raggiunto il punto di giusto squilibrio, in cui si fa pesare la rinunzia delle companies ai risarcimenti per presunti danni. Passando alla cassa, non è difficile immaginare una modifica breve ma esplicita dell’art. 2, c.2, del DL, che dia la stura alla ripresa delle attività su larga scala.

A maggior ragione, oggi che nella terra del petrolio e del gas si sta registrando una crisi emergenziale idrica senza precedenti, che costringe alla disperazione aziende agricole e zootecniche in primis, la presente sintesi sullo stato dell’arte di un pericoloso strumento normativo e dei suoi possibili irreversibili effetti sulle matrici e sulle sorti della Basilicata, vuole essere un ulteriore accorato appello a tutte/ le/gli esponenti politici, sindacali, giuriste/i, amministratrici/ori, intellettuali, sinceramente democratiche/ci, mosse/i da autentici sentimenti e cultura per la causa del Bene Comune, affinchè si adoperino in sincrono per sollevare tutte le illegittimità di carattere giuridico ed amministrativo, per promuovere, ancora una volta e con forza maggiore, un’incisiva campagna di lotta sociale, culturale, politica.

Così con una nota il Coordinamento No Triv Basilicata

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